Nella desolazione di Vaca Morta

sábado, 26 de setembro de 2009
Niente di romantico, ancor meno di esotico, in questo viaggio che, Francimar, Luis ed io, abbiamo organizzato per visitare alcune comunità quilombolas dove finora non abbiamo mai messo piede. Partiti nel primo pomeriggio del 25 settembre, arriviamo, dopo quattro ore di buona strada, a Santa Luzia dove dormiamo ospiti di vecchi amici. Nella tarda mattinata del 26, arriviamo a Itaporanga, una assolata e sonnolenta cittadina dominata da una grande statua del Salvatore, discutibile imitazione del famoso Corcovado di Rio de Janeiro. Sappiamo che da queste parti dovrebbe esserci una comunitá nera chiamata Vila Mocó. Dopo varie richieste di informazione andate a vuoto, finalmente troviamo una persona che riesce a darci alcune informazioni, che ci sembrano abbastanti attendibili.
E in effetti all’estrema periferia della città, ben isolato dal contesto urbano, si trova un agglomerato di abitazioni scalcinate e fatiscenti. Un ragazzino ci aiuta a orientarci e ci conduce da un uomo di media età che, per nostra fortuna, risulta essere il responsabile dell’associazione della comunità. Superata la diffidenza iniziale, dalle parole del nostro interlocutore ne esce un quadro di dura discriminazione e esclusione. Nella comunità si respira un’aria pesante di scoraggiamento anche perchè tutte le promesse fatte nel passato da politici e rappresentanti di associazioni e enti statali e privati, non hanno sortito alcun effetto. Lasciamo vario materiale informativo con la promessa di riprendere presto i contatti e ci rimettiamo rapidamente in cammino per Diamante dove ci stanno aspettando per guidarci al quilombo di Vaca Morta.

Il Cristo di Itaporanga - Vila Mocó 

Otto chilometri di strada sterrata non sempre in buone condizioni, conducono alla comunità che si trova esattamente sulla linea di confine di due enormi latifondi accuratamente demarcati da file inquietanti di steccati. Paulo, il nostro contatto con la comunità, ci racconta di come il trisavolo, insiene alla sua famiglia, si installò da queste parti nel 1905 dopo aver lasciato il Ceará in cerca di un posto dove poter vivere. Da allora la comunità é cresciuta, grazie anche all’arrivo di altre famiglie, cercando di garantirsi le più elementari forme di sussistenza, a cominciare dalla costruzione di un bacino artificiale per la fornitura dell’acqua soprattutto durante la stagione secca. Che il problema dell’acqua sia sempre stato in primo piano é facile da capire. Basta guardarsi intorno, tutto é secco e brullo, nonostante la stagione delle piogge sia finita da non molto. Il lago si é prosciugato una sola volta negli ultimi cinquant’anni; ciò non toglie che il problema del rifornimento idrico sia sempre all’ordine del giorno. Non é mai esistito, né é previsto a breve, un sistema di adduzione direttamente nelle case che, tra l’altro, si trovano tutte un bel pò sopra il livello del lago. E poi la qualità dell’acqua non può essere garantita in quanto nel lago vi entrano costantemente gli animali per abbeverarsi e per rinfrescarsi. La soluzione più logica e facile sarebbe costruire per ogni casa una cisterna per la raccolta dell’acqua piovana. Per la realizzazione di una trentina di cisterne basterebbero circa 30.000 reais (poco piú di 12.000 euro): un’inezia per il programma federale “Un milione di cisterne per il Nord Est”. Ma, se “Cristo si é fermato ad Eboli”, del quilombo di Vaca Morta si deve essere dimenticato perfino il buon Dio.



Il problema é che, anche quando qualche ente federale si ricorda di Vaca Morta, non é che le cose vadano proprio per il verso giusto. Tutto cominciò nel 2003 quando la FUNASA (Fondazione Nazionale per la Salute), o qualche altro ente, perchè nemmeno di questo c'è certezza, decise di intervenire contro il dilagare del morbo di Chagas nella comunità (grave malattia cardiologica che viene provocata dalla puntura del barbeiro, un tipo di cimice che prospera negli interstizi dei muri delle case di taipa, fango e legni intrecciati). Il programma prevedeva la costruzione di 24 case in muratura al posto di altrettante di taipa, in modo da togliere all’insetto l’ambiente naturale di crescita e rompere cosí il ciclo di diffusione della malattia. Ci fu la gara per l’assegnazione dei lavori, l’inizio fu promettente, ma ecco la situazione ad oggi, sei anni dopo: - quattordici case sono state portate a termine (un eufemismo per dire che fino al tetto ci sono arrivati, anche se poi i pavimenti e varie murature interne non sono mai stati completati; ciò non ha impedito che altrettante famiglie abbiano cominciato ad abitarvi); - una non é mai cominciata; - nove sono rimaste incomplete, a diversi stadi, ed ora la foresta se le sta ingoiando. Nonostante le numerose proteste, gli abitanti di Vaca Morta non sono mai riusciti a capire che cosa sia successo, tantomeno chi sia il responsabile del fracasso del progetto. Una sola risposta certa hanno finora avuto: che altre case vengano costruite se lo possono scordare; per i dirigenti dell’ente il programma é stato completato e quindi é impensabile che si riapra un’altra possibilità. Purtroppo questi fatti qui in Brasile sono all’ordine del giorno: la piaga della corruzione é parte integrante del sistema. Non per questo ci si può rassegnare. Prendo la mia telecamera e le mie macchine fotografiche e raccolgo la documentazione più completa che posso. Tornati a João Pessoa la prima tappa sará dal direttore della FUNASA e, subito dopo, dal Pubblico Ministero.

Case di taipa tuttora in uso 

Le case della FUNASA portate a termine (quasi) 

Alcune delle case mai portate a termine 

Ma torniamo alla situazione della comunità. Fino ad alcuni anni fa la gente riusciva in qualche modo a sopravvivere grazie al lavoro che trovavano da svolgere come salariati a giornata nelle due fazende a fianco. Non é che le condizioni di lavoro fossero facili (una specie di lavoro forzato mascherato), ma almeno qualcosa da mettere sotto i denti si riusciva a procurare. Da alcuni anni tutto questo é venuto meno perché in ambedue le fazende é stata abbandonata la produzione agricola sostituita dal ben piú redditizio allevamento di bovini. A causa di questi cambiamenti la comunitá ha cominciato a disgregarsi; molti giovani sono andati a cercare lavoro a San Paolo e in altre cittá industriali contribuendo ad ingrossare le file di un sottoproletariato urbano disperato e senza prospettive; altri fanno la stagione come tagliatori a cottimo di canna da zucchero nei vicini stati di Pernambuco, Sergipe e Alagoas. A Vaca Morta sono rimasti quasi solo gli anziani e le donne con i bambini; in tutto 39 nuclei familiari. L’unica soluzione per invertire questo processo di distruzione é recuperare la terra sufficiente per poter riprendere un processo produttivo in grado di garantire un futuro per la comunità. É quello che si sta cercando di fare a cominciare dalla prima tappa che é il riconoscimento come Comunità quilombola da parte del Ministero della Cultura. Oggi la comunitá si trova in questa fase del cammino e noi siamo qui per aiutarla e sostenere. Dopo aver condiviso un magro quanto ospitale pranzo (chissá quanto gli sono costate le due povere scheletriche galline, peraltro molto saporite), ci ritroviamo nell’afoso salone della piccola scuola dove, Francimar e Luis spiegano pazientemente quali passi bisogna fare per ottente il riconoscimento e il cammino successivo per l’attuazione dei diritti garantiti dal Programma Brasil Quilombola emanato dal governo Lula nel 2003.





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