Il primo incontro con il Brasile

terça-feira, 6 de agosto de 1991
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La prima volta, in Brasile, ci sono venuto nel 1991 con mia moglie Grazia e mia figlia Manuela che allora aveva 12 anni. L'intenzione era di visitarvi alcune parti significative a livello storico e naturalistico ma, soprattutto, di condividere fino in fondo alcuni aspetti concreti della realtá piú povera del paese. Visitammo cosí l'affascinante Rio de Janeiro, le fantastiche cascate di Foz de Iguaçu, il cuore nero di Salvador Bahia e le bianche spiagge di Fortaleza per poi Immergerci nella povertá di São Luis do Maranhão e incontrare il volto rassegnato degli indios senza patria e senza terra di Villa dos Cabanos nei dintorni di Belém e di Abaetetuba sul Rio Tocantins, uno dei piú grandi affluenti del Rio delle Amazzoni.

A São Luis incontrammo Gigetto Zadra, un missionario trentino, mio compagno di infanzia, che svolgeva la sua attivitá di apostolato nei bairros piú poveri. Con lui potemmo scoprire alcuni aspetti della realtá brasiliana altrimenti invisibili per un normale turista: la miseria e la disperazione piú estreme ma anche la speranza, la gioia di vita, la voglia di riscatto che erano le caratteristiche piú salienti delle comunitá di base da lui assistite. Erano i tempi della teologia della liberazione e sembrava che all'orizzonte ci fosse veramente la possibilitá di una chiesa nuova in una societá nuova. La storia del poi ci dice che le cose andarono in modo molto diverso, ma la speranza non é ancora morta del tutto nelle molte comunitá di base rimaste attive nonostante il massiccio processo di normalizzazione avvenuto nella gerarchia brasiliana.

  
Lasciato São Luís prendemmo un aereo per Belém dove ci accolse Maria Grazia Ceriani, missionaria saveriana da molti anni in Brasile. Imbarcati su una piccola barca, che sul Rio delle Amazzoni sembrava ancora piú minuscola, arrivanno finalmente a Villa dos Cabanos dove incontrammo Rita e Marlene, le due ragazzine coetanee di Manuela che avevamo in adozione a distanza giá da alcuni anni. Fu un'esperienza molto impegnativa soprattutto per Manuela: un modo per dare concretezza, anche se dolorosa e drammatica, all'esperienza di solidarietá verso la quale avevamo tentato di incamminarla fin da piccola.

Nei giorni seguenti facemmo alcune escursioni lungo l'intricato sistema fluviale lungo il rio Tocantins per conoscere l'ambiente di attivitá delle suore italiane (Missionarie Saveriane di Parma) e in particolare fummo colpiti dal grande lavoro di assistenza e prevenzione che veniva svolto nel Centro medico per l'infanzia e la maternitá di Abaetetuba. La conseguenza fu che "adottammo" anche l'ospedale.

Questo in sintesi il mio primo approccio col Brasile. Fu un incontro intenso, profondo e imperniato sulla scoperta di un'umanitá sofferente ma piena di dignitá e mi lasciai contagiare. Mai, peró, avrei potuto immaginare quello che la vita mi avrebbe riservato proprio per quanto riguarda i miei rapporti con il Brasile.


 

Altrobrasile

quinta-feira, 25 de abril de 1991
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«ALTROBRASILE» é un blog creato per condividere con gli amici italiani la mia esperienza di vita nel nordest brasiliano dove ho il privilegio di potermi dedicare ad alcuni progetti di volontariato soprattutto nei quilombos, comunitá di afrodiscendenti che stanno lottando per i propri diritti e la loro sopravvivenza.

ALTROBRASILE é radicalmente soggettivo nel tentativo di non ripassare stereotipi fin troppo diffusi. Per cui difficilmente mi troverete a parlare di mulatte, spiagge tropicali, ballerine, samba e altre ridicole amenità che generalmente vengono sciorinate quando si parla del Brasile. Magari come tuttologi improvvisati dopo un frettoloso primo contatto durante uno dei tanti viaggi costruiti su misura per aspiranti turisti dell’insostenibile leggerezza dell’ignoranza.

E visto che a questo punto mi sarò già cucito addosso un rattoppato abito di saccenteria, sarà bene che dia perlomeno il minimo indispensabile di informazioni sul mio rapporto con Brasile, o meglio il Nordest del Brasile.
Nel 2004, dopo la morte di mia moglie Grazia, decisi che era giunto il momento di cambiare radicalmente vita. Riuscii a farmi inserire in un piano di ristrutturazione aziendale e, approfittando della vocazione al massacro manageriale che generalmente contraddistingue molte multinazionali, mi fu relativamente facile farmi licenziare in anticipo e andarmene in pensione. Feci un viaggio in Brasile ripercorrendo a ritroso alcuni itinerari già percorsi con mia moglie e mia figlia nel 1991 e, tra le altre sosprese, reincontrei Gigetto (Luis) Zadra, mio vecchio amico di infanzia, già missionario comboniano, e ora impegnato in un progetto di riscatto delle comunità afrodiscendenti dello stato della Paraíba.

Nella primavera del 2005 tornai in Brasile per fare un documentario sull’attività dell’amico Luis, conobbi varie persone tra le quali una certa Francinete che nel 2007 sarebbe diventata mia moglie.

Ed ora eccomi qui con il mio permesso di soggiorno permanente, pendolare tra Italia e Brasile, dove potrei trasferirmi a tempo pieno, se non fosse per mia figlia e i tre nipotini che rappresentano il legame profondo con la mia italietta, della quale potrei e vorrei quasi dimenticarmi per la triste situazione in cui è riuscita a cacciarsi. Soprattutto se penso ai tassi attuali di sviluppo del Brasile. Ma non tutto quel che luccica è oro. Purtroppo, se è vero che il Brasile è ormai proiettato ad essere uno dei paesi più potenti e ricchi del pianeta, non altrettanto rosea è la situazione interna. I ricchi, anzi i ricchissimi, sono moltissimi, ma come contraltare almeno sedici milioni di brasiliani vivono ancora sotto la soglia di povertà. In particolare il problema è diffuso soprattutto nel Nordest e nella popolazione di colore.

Ebbene io bazzico proprio nel Nord est (João Pessoa, stato della Paraíba) e, come volontario, lavoro in una associazione che si occupa del reinserimento socioeconomico delle comunità afrodiscendenti (i cosiddetti quilombos). A queste comunitá e ai progetti che sviluppiamo in loro favore, é dedicato Altrobrasile.

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