Dalla parte degli ultimi

quinta-feira, 22 de maio de 2014
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La discarica della discordia
Non sempre è facile spiegare il nostro lavoro con le comunità quilombolas afrodescendenti, ma quello che è successo in un solo giorno della settimana scorsa dà un’idea di quanto a volte la situazione sia difficile e complicata.
Giovedì, 15 maggio, io e Luis partiamo all’alba per Alagoa Grande dove andremo a verificare come sta andando l’occupazione della discarica pubblica da parte delle famiglie dell’insediamento agricolo Engenho do meio. Non si tratta specificamente di una comunità quilombola, ma è un manipolo di famiglie che stiamo seguendo e sostenendo da più di 10 anni nella loro lotta per ottenere un pezzo di terra su cui vivere e lavorare.
Quando Luis mi portò a visitare per la prima volta questa comuntà nel marzo del 2005, la situazione era molto tesa perchè il proprietario del latifondo aveva deciso di espellere tutti i mezzadri senza tener conto dei loro diritti acquisiti e senza offrire alcun tipo di indenizzazione. Con le buone o con le cattive se ne dovevano andare e qualsiasi mezzo era buono per ottenere lo scopo. Un giorno liberava il bestiame nei loro piccoli appezzamenti perché mangiasse i germogli di quello che avevano seminato, un altro giorno mandava l’aratro per rivoltare la terra dove avevano piantato la mandioca, un altro ancora impediva che l’Energisa (il corrispondente dell’Enel) piantasse i pali per fornire l’energia elettrica che ancora non arrivava alla maggioranza delle famiglie. Un sopruso dietro l’altro, infischiandosene di tutto sapendo, tra l’altro, di poter contare sulla connivenza della polizia locale. Nonostante tutto, le famiglie sono rimaste unite nella loro resistenza e finalmente dopo tanti anni, nel 2012 ,l’INCRA (l’ente statale ad hoc) ha riconosciuto i loro diritti espropriando quella parte del latifondo che loro spettava. Ma quando sembrava che tutto stesse andando per il meglio, ecco l’imprevisto: il comune di Alagoa Grande aveva nel frattempo trasformato un terreno adiacente in una grande discarica a cielo aperto senza rispettare la benchè minima norma sanitaria e igienica provocando un disastro ambientale nella piccola valle: falda acquifera totalmente inquinata, sciami di mosche che invadono le case dei contadini, un fetore insopportabile, per non parlare del fumo mefitico sprigionato dai continui incendi dei rifiuti.
Di fronte a questo disastro ambientale l’INCRA ha bloccato l’iter amministrativo con la conseguenza che i poveri contadini, non essendo ufficialmente proprietari della terra, non hanno il diritto di accedere ai programmi sociali del governo, tanto meno di ottenere i prestiti necessari per andare avanti. Da parte sua il sindaco della città se ne è ben guardato di cercare insieme una soluzione, anche se sa benissimo che la situazione della discarica è fuorilegge. Il fatto è che i soldi che il Governo di Brasilia aveva stanziato per costruire una discarica a norma sono spariti già da tempo (tra l’altro il sindaco è sotto processo per numerose e ripetute infrazioni amministrative…).
Continuando la latitanza del sindaco i contadini hanno deciso, martedì 13 maggio, di occupare la discarica impedendo l’ingresso ai camion dei rifiuti. Un’occupazione tranquilla, assolutamente pacifica: solamente un grande tronco all’ingresso e alcune decine di vecchi pneumatici bruciati. La svolta nella vicenda avviene giovedì: proprio nel momento in cui noi arriviamo alla discarica, appare anche l’ufficiale giudiziario con l’ordine perentorio del giudice di turno di sgomberare e riconsegnare la discarica al legittimo proprietario, vale a dire l’amministrazione comunale. Gli occupanti si riuniscono in assemblea e discutono a lungo sul da farsi. Alcuni vorrebbero resistere per lo meno fino all’arrivo della polizia, ma poi pensando a quanto le forze dell’ordine brasiliane usino maniere decisamente forti, a maggioranza si decide di terminare l’occupazione in attesa di ulteriori sviluppi. L’appuntamento è per il pomeriggio in comune: tutti all’entrata dell’ufficio del sindaco.
E’ già quasi l’una quando lasciamo la discarica e ci dirigiamo alla stazione di polizia dove nel frattempo sta arrivando Francimar con una rappresentante dell’INCRA e due famiglie quilombolas di Caiana dos Crioulos. Nei pressi di questa comunità c’è un latifondo che, nelle intenzioni dell’INCRA, dovrebbe essere espropriato per essere consegnato ai membri della comunità. Come forma di ricatto nel frattempo la proprietaria del latifondo aveva smesso di affittare degli appezzamenti ai quilombolas impedendo l’ingresso a chiunque. Dieci giorni fa il giudice federale aveva dichiarato illecita la decisione della padrona e aveva intimato che i quilombolas potessero tornare a coltivare i tradizionali appezzamenti di terra. Solo che la padrona aveva già dato in affitto tutto il latifondo a un allevatore di bestiame che aveva pensato bene di recintare con il filo spinato le due case che si trovano lì e che sono abitate da due famiglie con la conseguenza che nessuno può più uscire di casa né per andare a prendere l’acqua, o a fare la spesa, e tanto meno i bambini possono andare a scuola perché hanno paura del bestiame che, effettivamente, è abbastanza selvatico e pericoloso. Francimar e il personale dell’INCRA sono quindi andati a prelevare le due famiglie per esporre denuncia alla stazione di polizia e all’Ufficio di protezione dei minori, in modo che il giudice possa di nuovo intervenire contro la padrona.
Finite le pratiche alla polizia, ci rechiamo tutti e tre al palazzo del comune dove, alle tre del pomeriggio, entriamo con tutte le famiglie dell’Engenho do meio. E’ qui che Francimar da lettura dell’intimazione del giudice, scoprendo che in realtà i contadini vengono accusati di invasione violenta, di distruzione di beni pubblici e di impedimento sempre violento dello svolgimento di un servizio publico essenziale come la raccolta dei rifiuti. La sentenza li condanna, tra l’altro, al pagamento delle spese processuali e degli onorari degli avvocati del comune. Si vede chiaramente che il giudice ha preso per buone tutte le ragioni del sindaco senza informarsi della reale situazione e senza minimamente interpellare gli occupanti e sentire le loro ragioni. In ogni caso il giudice concede cinque giorni di tempo (compresi sabato e domenica) affinchè gli accusati procurino un avvocato che li rappresenti. Siccome nessuno si fida degli avvocati del luogo, decidiamo di ritornare a João Pessoa per cercare un avvocato all’altezza della situazione e preparare la difesa. Alla sera il presidente dell’associazione dei contadini ci telefona per dirci che il sindaco li ha ricevuti tentando di minimizzare le cose e facendo le solite eterne promesse non mantenute.
Lunedì Francimar è tornata sul luogo con il presidente dell’INCRA per vedere quali passi fare nei confronti del sindaco e della padrona del latifondo. Martedì Luis ha accompagnato l’avvocato a depositare gli atti della difesa.
Molte battaglie ci aspettano nei prossimi giorni, ma è chiaro che non possiamo abbandonare questa gente in un momento così critico. D’altra parte è proprio in questo che consiste il nostro progetto di volontariato!

A seguire una serie di immagini della giornata. Cliccare sulla foto per vedere tutto.



Ammirando le opere d'arte di uno storpio (Aleijadinho)

quarta-feira, 14 de maio de 2014
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Un altro Brasile veramente, quello che ho avuto occasione di visitare la scorsa settimana in una “toccata e fuga” che sa tanto di aperitivo in attesa di una degustazione completa di quella che fu definita, con un pizzico (grande) di campanilismo artistico, la maggior espressione del barocco/rococó del Brasile e dell’America latina.
Non sta a me descrivere e decantare un fenomeno che ha certamente avuto dei connotati grandiosi e irripetibili nella storia dell’arte brasiliana e mondiale; non ne ho la capacità nè la voglia, ma credo di poter dire senza ombra di dubbio che è stata un’esperienza inusitata e totalizzante. Come dicevo si è trattato di una visita lampo avendo concentrato la mia attenzione su Ouro Preto, cittadella scrigno di una spigolosa bellezza, e sul santuario di Bom Jesus de Matosinhos in Congonhas nello stato del Minas Gerais (Brasile).
In ambo i casi ti si para davanti la figura di Antônio Francisco Lisboa, detto l’Aleijadinho (lo storpio). Figura storica vissuta tra il 1738 (circa) e il 1814, ma bem presto trasformata in mito a rappresentare il meglio e il peggio di un ufanismo (nazionalismo) brasiliano in cerca di qualcosa di veramente unico e importante, tale da potersi sentire alla pari nel contesto internazionale della creazione artistica.
Così, lasciati da parte preconcetti, stereotipi e aspettative esagerate, mi sono lasciato trasportare (se così può essere definito il penoso saliscendi su ripide stradine di ciottoli scivolosi e sbilenchi) dalla semplice voglia di godere della bellezza del tutto e del particolare.
Non si può ovviamente dimenticare il contesto geografico e storico: l’epoca della corsa all’oro che ha prodotto ricchezze improvvise e impensabili a scapito di uno sfruttamento brutale della mano d’opera schiavizzata proveniente dall’Africa e che, ancora oggi, è testimoniata dalla massiccia presenza di popolazione di colore nella regione.
Lo stesso Aleijadinho era figlio bastardo dello scultore e architetto portoghese Manuel Francisco Lisboa, che mise incinta la sua schiava africana Isabel. Quanto la condizione di mulatto abbia influito sulla traiettoria di vita e artistica di Aleijadinho non è dato sapere, ma con certezza non deve essere stato facile imporsi in un ambiente coloniale fortemente caratterizzato dalla discriminazione razziale e economica.
Ti intriga anche la storia della misteriosa malattia che nel corso degli anni avrebbe storpiato l’Aleijadinho al punto da obbligarlo a usare delle improbabili protesi per poter continuare nel suo lavoro.
Storie, legende, miti, che hanno accompagnato la mia rapida e intensa visita. Un esercizio riuscito che ha regalato sensazioni inusitate e la voglia di tornare.
Di seguito una serie di fotografie di Ouro Preto e dei dodici profeti che Aleijadinho ha scolpito per il Santuario del Bom Jesus de Matosinhos così come li ho visti attraverso le lenti della mia macchina fotografica.

Scorci di Ouro Preto (cliccare nella foto)
I 12 profeti di Aleijadinho (cliccare nella foto)

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