La coppia piú bella del mondo

quarta-feira, 26 de abril de 2006
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"Siamo la coppia più bella del mondo...". E' la prima cosa che mi è venuta in mente quando alla comunità nera das Barreiras ho incontrato questa simpatica e tenera coppietta di anziani. Vivono da soli in una casetta minuscola e isolata. Unico mezzo di locomozione una barchetta a remi che sta a galla per miracolo. Ma è così da sempre, perchè non dovrebbe continuare?

Un pezzo d'Africa in Brasile

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Viaggio nella comunitá nera "das Barreiras". Quando, dopo una lenta e lunga traversata, scendo dalla barca scricchiolante e col fondo pieno d’acqua, mi viene spontaneo chiudere gli occhi e subito mi sembra di essere sulle sponde del lago Tanganika piuttosto che su quelle del Turkana. Le case, ancora tutte in taipa (legno e fango seccato al sole) sono nascoste nel verde che arriva fino al bordo del lago. L’energia elettrica non é mai arrivata e l’acqua potabile viene raccolta dalla sorgente piú vicina. In tutto, in questo angolo sperduto, ci abitano una settantina di famiglie; i tratti somatici sono marcatamente africani, e se non fosse per il fatto che parlano portoghese, sembrerebbe proprio di essere in terra africana, visto il verde lussureggiante dell’ambiente e l’assenza totale di rumori “moderni”. Dopo, a ben guardare, ti accorgi che il colore della pelle ha mille tonalitá diverse, che molti sono gli occhi verdi e che anche i capelli hanno le fattezze piú svariate, ma il ceppo no, quello é veramente di razza nera. Di gente, che fuggita dalle fazendas o stabilitasi qui subito dopo la soppressione della schiavitú (1888), ci abita da piú di 150 anni, cosí come ci raccontano gli anziani, a cominciare dalla figlia del grande "chefe" degli anni ’50, Antonio Tobias, morto a piú di novantanni verso il 1970 dopo essere stato guida forte e autorevole per molte generazioni.

A prenderci dall’altra parte del lago é venuto José Jorge Zé Pequeno, padrone della barca e attuale “chefe” (capo) della comunitá. Sulla sponda del lago siamo arrivati dopo 6 ore di pullman (partenza alle 22.00 da João Pessoa, arrivo alle 4.00 a Pombal), un’ora di macchina fino a Coremas e una buona mezz'ora di strada sterrata e disastrata a bordo di un potente fuoristrada Chevrolet. Con noi viaggia Edilson, sindaco di Coremas e organizzatore di questo primo contatto. Dopo i convenevoli di benvenuto, scambi di mano e abbracci ed aver sorseggiato un profumatissimo infuso di erbe locali, inizia l’incontro con tutta la comunitá. Luiz (Gigetto) illustra quali sono le opportunitá offerte dal "Programa Brasil Quilombola", decreto emanato dal governo Lula nel novembre del 2003 a favore delle comunitá nere. Il primo passo é la presa di coscienza da parte della stessa comunitá della propria storia e identitá, poi la presentazione di una domanda al Ministero della cultura, Fondazione culturale Palmares a firma di almeno cinque componenti in rappresentanza di tutta la comunitá che, ovviamente, deve aver dato il proprio assenso. Una volta concluso l’iter, se viene riscontrata l’effettiva esistenza dei requisiti richiesti, la comunitá viene riconosciuta come “comunitá nera” e da quel momento scattano le facilitazioni previste per l’accesso ai vari programmi di promozione: snellimento delle pratiche burocratiche per il possesso della terra, luce elettrica, latte per i bambini inferiori ai 6 anni e gli anziani, cisterne per la raccolta dell’acqua piovana, aiuti per sostituire le case di taipa con abitazioni piú confortevoli, accessi stradali ecc...Il discorso di Gigetto galvanizza i presenti a tal punto che si mettono subito al lavoro per compilare gli appositi moduli. Alla fine Zé Pequeno invita tutti i membri della comunitá a ringraziare Dio per questo evento e invita Luiz a ritornare presto per aiutarli a proseguire nel cammino intrapreso. E infatti, come Luiz poi ribadisce, questo é solo il primo passo per tutta una serie di riflessioni e attivitá che staranno alla base dell'autoriscatto di queste persone rimaste (e lasciate) fino ad oggi letteralmente ai margini della societá. Alla sera, dopo un luminoso tramonto del sole nelle acque immobili del lago, riprendiamo il nostro pullman e alle quattro del mattino seguente possiamo infilarci nei nostri letti. Adesso non ci resta che rimboccarci le maniche e aiutare questa nuova comunitá nel suo cammino di speranza.

Cristo si é fermato a Carolina Due: Cittadini del futuro Parte terza

domingo, 16 de abril de 2006
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Si chiama “Bambini coltivando la cittadinanza” ed è un’attività iniziata nel 2005 da alcuni giovani del gruppo missionario del vicino bairro di Marcus Moura sensibili alla situazione dei bambini di Carolina Due. Assieme ad alcuni genitori impegnati del quartiere sostenuti dai gruppi locali di catechesi, dall’associazione “Donne al centro della vita” e dal progetto “Orti dietro casa” sono così cominciate alcune attività formative, ludiche e sportive. Per prima cosa si è pensato ad un minimo di struttura comprando un terreno ed una piccola e rustica costruzione che è stata ristrutturata per creare alcuni piccoli spazi per le attività. Calcio, pallavolo, teatro, percussione e danza. Ci si arrangia come si può utilizzando qualsiasi materiale di scarto che possa essere utile. Per le percussione, ad esempio, usiamo degli splendidi e variamente intonati bidoni di plastica (sognando i tamburi dei famosi Olodun di Bahia). Per il momento il “centro”, se così si può chiamare, funziona il mercoledì pomeriggio e tutto il sabato.

“Lavoriamo - mi dice con il suo solito “sommesso” entusiasmo Teresa - alla formazione di valori universali e civici, cerchiamo di infondere una coscienza di rispetto per la natura, proponiamo una alimentazione sana che valorizzi le verdure coltivate da loro stessi negli orti e coinvolgiamo i genitori in modo che siano loro stessi i primi artefici del cambiamento di Carolina Due”.

“Dovresti vedere - e questa volta gli occhi di Teresa sprizzano veramente di gioia - che cosa succede al momento della merenda. L’allegria con cui tutti insieme andiamo per gli orti a raccogliere le verdure con cui poi facciamo succhi, panini e marmellate…”. Scontata la mia domanda sulle risorse economiche. “E’ il cuore degli italiani. Anche questa attività non avrebbe potuto partire senza il loro aiuto”. Oggi è Pasqua e la comunità si è riunita per festeggiare insieme nella strada di fronte al “centro”. Qualche dolce casereccio, piatti a base delle verdure dell’orto e tanta semplice allegria. Nell’attesa del momento dell’”abbuffata”, torneo di calcio, gare di ballo e maquillage viso, mani e piedi: è o non è festa?

Cristo si é fermato a Carolina Due: Buona Pasqua, Teresa! Parte prima

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1994: arrivato al bairro di Santa Rita, alla periferia di João Pessoa, dovevi affrontare con molta precauzione le strade a colabrodo di Marcus Moura. L’ultima, ridotta ad uno sterrato da rally andava a sbattere contro una montagna impressionante di rifiuti. Al di là la terra di nessuno. O piuttosto un incasinato terreno agricolo con alcune baracche e catapecchie abusive. “Meglio stare alla larga”, era il consiglio di tutti. Il miracolo, si fa per dire, avvenne in occasione delle elezioni amministrative. La terra di nessuno era in realtà di proprietà del Comune e di alcuni consiglieri comunali (vereadores) che, per garantirsi un ulteriore bottino di voti, ebbero l’idea geniale di regolarizzare il possesso dei vari infinitesimali lotti di terra attraverso una donazione pubblica (loteamento). Fu così che i già residenti e alcune altre centinaia di persone immediatamente arrivate dalle favelas della città ufficializzarono l’esistenza di Carolina Due. Le elezioni andarono bene, la montagna di spazzatura fu traslocata chissà dove e sotto gli occhi di tutti apparve un nuovo bairro. Il problema è che a tutt’oggi, aprile 2006, tutto è rimasto più o meno come allora. Gli abitanti ci sono , le case anche (ammesso che possano essere chiamate con questo nome baracche, catapecchie, ecc…), qualche sgangherata strada pure: peccato che le infrastrutture più essenziali siano di là da venire, a cominciare dall’acquedotto, per continuare con le fognature ecc. L’elettricità c’è, ma non riuscendo quasi nessuno a pagare la bolletta, è stata tagliata dall’ente gestore ma contemporaneamente baipassata con attacchi volanti e ovviamente abusivi alla rete pubblica.E’ qui che presta la sua opera di volontariato Maria Teresa Chimento, origini vicentine, in Brasile dal 1994 e arrivata in quel di Carolina Due nel ’95. Dopo aver seguito i vari programma della Pastoral da criança, è riuscita a organizzare un gruppo di donne che da otto anni hanno fondato l’associazione “Donne al centro della vita”. “Nell’associazione, dice con orgoglio Teresa, io non occupo alcuna carica: tutto è gestito dalle donne che ne fanno parte. E’ questo il frutto di un lungo processo di crescita umana, personale e religiosa, alla quale ho dedicato il lavoro di tanti anni. Ora non mi resta che appoggiare il loro cammino dall’esterno, dare una mano alla formazione e, ovviamente, dedicarmi ad altri progetti. Dio solo sa quanto lavoro rimane da fare”.

E’ il giorno di Pasqua e, su invito di Teresa, sono in visita alla comunità. La struttura comunitaria non è granché, ma c’è perfino un minuscolo campo da calcio e un paio di salette laboratorio: L’accoglienza è quella che in gergo si dice sana e genuina. Una umanità povera e sofferente ma che ha riscoperto il senso della propria dignità anche nell’ambiente degradato in cui si trova condannata a vivere. E la speranza! Quella sì: è la loro virtù e la loro stella polare. Il sorriso sulle labbra dei bambini, accompagnato fin troppo spesso da un’ombra profonda di tristezza è quello che mi colpisce profondamente. E poi la rassegnazione, ma anche la pazienza, dei vecchi che con la loro misera pensione mantengono il resto della famiglia. Dai, Teresa, non mollare. Dopo Dio, perduto comunque nelle nebbie della lontananza, e subito dopo la Madonna, oggetto della più profonda e concreta venerazione, per questa gente ci sei tu. Buona Pasqua, Teresa.

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