Auguri

segunda-feira, 29 de dezembro de 2014
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Telefono senza fili

sábado, 25 de outubro de 2014
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Anche se siamo in piena era tecnologica é sempre piacevole riprendere giochi antichi. Oggi abbiamo giocato al "telefono senza fili" e i bambini si sono divertiti tantissimo,

Cliccare sull'immagine per assistere al video.

Inaugurata la mostra fotografica “San Francesco 24 ore”

domingo, 5 de outubro de 2014
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Fotografando il campanile della chiesa di San Francesco, il fotografo Alberto Banal dispiega il suo sguardo sul bel paesaggio del Centro storico di João Pessoa. Ogni frammento ritratto rappresenta anche un pezzo della memoria di questa importante icona architettonica della capitale paraibana. L’esposizione “San Francesco 24 ore” svela il tesoro nascosto di questo monumento. Dimenticato spesso da molta gente, questo luogo così speciale viene adesso mostrato da un punto di vista esclusivo. Sono immagini che vanno molto al di là della bellezza e trasmettono un sentimento di appartenenza invitandoci alla riflessione. Ogni fotografia ci spinge a gettare un nuovo sguardo sulla nostra memoria storica.
I segni del tempo, il clima, il vento, il colore del cielo e gli alberi circostanti sono parte di questo poema ineguagliabile sviluppato dalla sensibilità di chi non sta qui per caso. Alberto Banal è un artista meticoloso che trasmette il suo coinvolgimento con la cultura della nostra terra, riuscendo a mettere insieme elementi della storia viva e della nostra gente trasformandone il contesto in modo indelebile. Ogni sua immagine rivela la personalità del luogo e ci regala “pace e bene” in linea con il sogno eterno di Francesco.

Lúcia França 
Curatrice generale - Estação Cabo Branco, Ciência, Cultura e Artes



Ao fotografar a torre principal do Centro Cultural São Francisco o fotógrafo Alberto Banal extravasa seu olhar sobre a bela paisagem do Centro Histórico de João Pessoa. Cada fragmento do panorama visto é também um recorte da memória deste importante ícone arquitetônico da capital paraibana. 
A exposição ‘São Francisco 24 Horas’ busca desvelar o tesouro contido na paisagem deste lugar. Muitas vezes esquecido por tantos, este lugar tão especial é agora revelado de um ângulo exclusivo. São imagens que vão muito além da beleza, transmitem o sentimento de pertencimento e nos convida a reflexão, cada foto nos convoca a ver com novo olhar o que está em nossa memória desde sempre. As marcas do tempo, o clima, o vento, a cor do céu e as árvores do entorno são participes deste poema incólume, percebido pela sensibilidade de quem não está aqui por acaso. 
Alberto Banal como um artista meticuloso transmite seu compromisso com a cultura de nossa terra, reunindo elementos da história viva e do nosso povo transformando seu contexto de forma indelével. Cada imagem revela a personalidade do lugar, nos traz ‘paz e bem’ como o desejo eterno de Francisco. 

Lúcia França 
Curadora Geral Estação Cabo Branco, Ciência, Cultura e Artes

Il libro “Quilombos da Paraíba” in Colombia

quarta-feira, 1 de outubro de 2014
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Durante il mio recente viaggio in Colombia ho avuto occasione di incontrare luoghi e persone decisamente interessanti per il mio lavoro con le comunità afrodiscendenti della Paraíba.
In particolar modo é stata molto fruttuosa la visita allo storico quilombo San Basilio del Palenque a 50 chilometri da Cartagena. Di questo incontro parlerò ampiamente in un altro post. Qui mostro solamente il momento in cui il mio libro Quilombos da Paraíba viene consegnato a Rodolfo, responsabile dell’archivio e della biblioteca del palenque.


Una copia del libro è entrata anche a far parte della biblioteca dell’Archivo Genaral de la Nación di Bogotá dove abbiamo incontrato il vicedirettore assieme al Grupo de Archivos Étnicos y Derechos Humanos dello stesso archivio.


Una terza copia è stata consegnata al direttore della biblioteca dell’Instituto Tecnológico Metropolitano, ITM di Medellin in occasione del VI Encuentro Latinoamericano de Archivistas, Bibliotecarios y Museólogos.


Il progetto Escrilendo ritorna al quilombo Matias

segunda-feira, 7 de julho de 2014
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Dopo alcuni mesi di interruzione, il progetto Escrilendo ricomincia le sue attività nel quilombo di Matias. Un caloroso benvenuto all'animatrice Marilia che ritorna a lavorare con noi dopo una precedente esperienza con Casas de leitura nel 2007. Seguirà due gruppi per un totale di 24 bambini.

Cliccare sull'immagine per vedere le fotografie.

Cliccare sull'immagine per assistere al video.

COSTRUIRE UMA DEMOCRAZIA INCLUSIVA IN BRASILE: PROGRESSO E SFIDE DELLA SOCIETÁ CIVILE

sexta-feira, 27 de junho de 2014
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Con molta soddisfazione ho terminato la traduzione in italiano del testo di una conferenza che l'amico Renato Lanfranchi ha fatto a conclusione del Programma di Fellowship alla National Endowment for Democracy (NED) – Washington, DC – USA il 26 febbraio 2014: COSTRUIRE UMA DEMOCRAZIA INCLUSIVA IN BRASILE: PROGRESSO E SFIDE DELLA SOCIETÁ CIVILE.
Credo aiuti a contestualizzare il dibattito a cui si assiste qui in Brasile negli ultimi tempi per via dell'attenzione internazionale legata alla Coppa.

Link per accedere al testo in PDF:
https://docs.google.com/file/d/0B8JEgSmUkN4jemdXcGJxZ1lDb1E/edit

O São João di Escrilendo

quarta-feira, 25 de junho de 2014
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São João (San Giovanni Battista) è la principale festa nel Nord Est brasiliano, più importante e più partecipata dello stesso carnevale. A dir la verità non di una festa si tratta, ma di un intero mese di festa (Festas juninas, feste di giugno) perchè in sequenza si festeggiano Sant’Antonio, San Giovanni e Santi Pietro e Paolo. Anche il progetto Escrilendo del quilombo Matão ha voluto ricordade la tradizione con sfilate di bellezza, gare di coppie di danza e una scatenata “quadrilha” che ha trascinato tutti i presenti.
All'inizio della festa bambini e genitori hanno voluto ricordare e ringraziare gli amici di "Uniti per la vita" di Arese che appoggiano il progetto Escrilendo.


Mia casa-mia vita, ma non per tutti

quinta-feira, 5 de junho de 2014
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Quilombolas invadono la Caixa Economica
di Luis Zadra

Sono arrivati per strade diverse i quilombolas che nell´auditorio della CEHAP (Compagnia statale delle abitazioni) stanno aspettando la presidente dell’entità di governo che gestisce la costruzione delle case popolari del programma Minha casa minha vida. Sono una ventina di animatori, uomini e donne, che provengono da sette quilombos, alcuni distanti fino a 500 chilometri dalla capitale. Sono partiti prestissimo per arrivare all´appuntamento per sapere più da vicino che cosa sta succedendo con la casa promessa da una vita, ma che non arriva mai.
Il primo incontro é alla CEHAP e, successivamente, alla Caixa Economica. Per alcune comunità si tratta una corsa ad ostacoli che da più di tre anni stanno percorrendo senza mollare con in testa Francimar ed AACADE che ancora riescono a mantenere la speranza di avere una casa. Molti di loro vivono in case di fango, molti nemmeno ce l’hanno una casa o è in condizioni molto precarie. Le case sono state promesse dal governo da più di tre anni con tanto di documento. Zé Pequeno, Geilsa, Eliane, Geraldo (solo per menzionare figure che da una vita lottano e resistono in nome della dignità dei quilombolas e dei loro diritti) sono in prima fila. Pazienti ascoltano le spiegazioni che vorrebbero motivare i ritardi ma loro sanno benissimo che le cause principali sono l’incompetenze e la mancanza di impegno dei funzionari pubblici.
Per i quilombolas sarebbe impossibile arrivare ad avere una casa se non ci fosse l´appoggio di AACADE. Troppa burocrazia, troppe carte, troppe parole senza seguito... La strada di quanti sono relegati al margine è sempre piena di ostacoli e molto scivolosa. Per noi che accompagniamo questo processo é estremamente faticoso e logorante, ma ancora molto di più per loro che non hanno mezzi, abitano spesso in zone lontane e dimenticate e che non possono capire come (non) funziona il tutto. Il programma del governo federale Minha Casa Minha Vida è stato impiantato affinché milioni di brasiliani poveri e senza casa potessero avere praticamente gratis una casa (mediamente di 35 metri quadrati, ma pur sempre una casa). Ed effettivamente grazie a questo programma vari milioni di famiglie hanno già ottenuto la loro dimora. Anche per i quilombolas della Paraiba eravamo riusciti a strappare al governo la promessa di 150 case da assegnare alle famiglie più bisognose. Ma dopo tre anni stiamo ancora correndo dietro agli incartamenti, passando da un ente pubblico all’altro che continuano a palleggiarsi le responsabilità per l’impasse che ormai è veramente scandalosa.
Dopo tante insistenze eravamo riusciti ad ottenere un incontro congiunto con i responsabili della CEHAP e della Caixa Economica per affrontare una volta per tutte le varie questioni in sospeso, e impedire il continuo e reciproco rimpallarsi delle responsabilità. Alla CEHAP l’accoglienza è buona, ma ben presto si viene a sapere che all'incontro non parteciperà alcun funzionario della Caixa.
Questa volta i responsabili delle varie comunità perdono la pazienza e decidono di recarsi alla Caixa Economica, dove, senza tanti indugi, cominciano a entrare... Volenti o nolenti i funzionari dovranno riceverli e dare delle spiegazioni. Figurarsi l’agitazione e la perplessità degli addetti alla sicurezza nel vedere un gruppo di neri che chiedono a tutti i costi essere ricevuti dalla gerente del progetto. Superati i normali e doverosi controlli, salgono le maestose scale del palazzo e si piazzano nell’auditorio decisi a restare fino a quando qualcuno non li riceva.
Comincia una trattativa con la gerente che, in un primo momento, si dichiara disposta a incontrare soltanto Francimar e un rappresentante dei quilombolas. O tutti o nessuno, è la risposta di Francimar. Dopo un inutile e interminabile tira e molla la gerente capisce che non c’è altra via d’uscita se non accettare di incontrare tutto il gruppo. Dopo un tentativo imbarazzante di ripetere le solite e stantie spiegazioni, molto spesso contraddittorie, finalmente la gerente deve far buon viso a cattiva sorte e accetta di fissare date, scadenze ed impegni. Non era mai successo prima. I quilombolas, moderatamente soddisfatti e un po’ più ottimisti, lasciamo la Caixa Economica per tornare alle loro case, lanciando però un avvertimento: adesso che abbiamo imparato la strada (e il modo) sarà meglio mantenere le promesse, perché in caso contrario… Non è una minaccia, soltanto una promessa: di fronte all’incuranza della burocrazia non staranno più passivi ad aspettare: i diritti sono diritti, soprattutto per chi ne ha più bisogno.
Per oggi è finita bene, soprattutto per quanto riguarda la presa di coscienza dei quilombolas: non è facile alzare la testa per chi è sempre stato abituato a subire i soprusi del più forte (padrone, fazendero o politico…). E’ questa crescita che fa ben sperare per il loro futuro e il futuro della società brasiliana.
Dal canto nostro, siamo felici di camminare e lottare a fianco e con questo esercito di oppressi.
João Pessoa, 27 maggio 2014

L'incontro alla CEAHP

L'invasione della Caixa Economica

L'incontro con la gerente della Caixa Economica

Dalla parte degli ultimi

quinta-feira, 22 de maio de 2014
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La discarica della discordia
Non sempre è facile spiegare il nostro lavoro con le comunità quilombolas afrodescendenti, ma quello che è successo in un solo giorno della settimana scorsa dà un’idea di quanto a volte la situazione sia difficile e complicata.
Giovedì, 15 maggio, io e Luis partiamo all’alba per Alagoa Grande dove andremo a verificare come sta andando l’occupazione della discarica pubblica da parte delle famiglie dell’insediamento agricolo Engenho do meio. Non si tratta specificamente di una comunità quilombola, ma è un manipolo di famiglie che stiamo seguendo e sostenendo da più di 10 anni nella loro lotta per ottenere un pezzo di terra su cui vivere e lavorare.
Quando Luis mi portò a visitare per la prima volta questa comuntà nel marzo del 2005, la situazione era molto tesa perchè il proprietario del latifondo aveva deciso di espellere tutti i mezzadri senza tener conto dei loro diritti acquisiti e senza offrire alcun tipo di indenizzazione. Con le buone o con le cattive se ne dovevano andare e qualsiasi mezzo era buono per ottenere lo scopo. Un giorno liberava il bestiame nei loro piccoli appezzamenti perché mangiasse i germogli di quello che avevano seminato, un altro giorno mandava l’aratro per rivoltare la terra dove avevano piantato la mandioca, un altro ancora impediva che l’Energisa (il corrispondente dell’Enel) piantasse i pali per fornire l’energia elettrica che ancora non arrivava alla maggioranza delle famiglie. Un sopruso dietro l’altro, infischiandosene di tutto sapendo, tra l’altro, di poter contare sulla connivenza della polizia locale. Nonostante tutto, le famiglie sono rimaste unite nella loro resistenza e finalmente dopo tanti anni, nel 2012 ,l’INCRA (l’ente statale ad hoc) ha riconosciuto i loro diritti espropriando quella parte del latifondo che loro spettava. Ma quando sembrava che tutto stesse andando per il meglio, ecco l’imprevisto: il comune di Alagoa Grande aveva nel frattempo trasformato un terreno adiacente in una grande discarica a cielo aperto senza rispettare la benchè minima norma sanitaria e igienica provocando un disastro ambientale nella piccola valle: falda acquifera totalmente inquinata, sciami di mosche che invadono le case dei contadini, un fetore insopportabile, per non parlare del fumo mefitico sprigionato dai continui incendi dei rifiuti.
Di fronte a questo disastro ambientale l’INCRA ha bloccato l’iter amministrativo con la conseguenza che i poveri contadini, non essendo ufficialmente proprietari della terra, non hanno il diritto di accedere ai programmi sociali del governo, tanto meno di ottenere i prestiti necessari per andare avanti. Da parte sua il sindaco della città se ne è ben guardato di cercare insieme una soluzione, anche se sa benissimo che la situazione della discarica è fuorilegge. Il fatto è che i soldi che il Governo di Brasilia aveva stanziato per costruire una discarica a norma sono spariti già da tempo (tra l’altro il sindaco è sotto processo per numerose e ripetute infrazioni amministrative…).
Continuando la latitanza del sindaco i contadini hanno deciso, martedì 13 maggio, di occupare la discarica impedendo l’ingresso ai camion dei rifiuti. Un’occupazione tranquilla, assolutamente pacifica: solamente un grande tronco all’ingresso e alcune decine di vecchi pneumatici bruciati. La svolta nella vicenda avviene giovedì: proprio nel momento in cui noi arriviamo alla discarica, appare anche l’ufficiale giudiziario con l’ordine perentorio del giudice di turno di sgomberare e riconsegnare la discarica al legittimo proprietario, vale a dire l’amministrazione comunale. Gli occupanti si riuniscono in assemblea e discutono a lungo sul da farsi. Alcuni vorrebbero resistere per lo meno fino all’arrivo della polizia, ma poi pensando a quanto le forze dell’ordine brasiliane usino maniere decisamente forti, a maggioranza si decide di terminare l’occupazione in attesa di ulteriori sviluppi. L’appuntamento è per il pomeriggio in comune: tutti all’entrata dell’ufficio del sindaco.
E’ già quasi l’una quando lasciamo la discarica e ci dirigiamo alla stazione di polizia dove nel frattempo sta arrivando Francimar con una rappresentante dell’INCRA e due famiglie quilombolas di Caiana dos Crioulos. Nei pressi di questa comunità c’è un latifondo che, nelle intenzioni dell’INCRA, dovrebbe essere espropriato per essere consegnato ai membri della comunità. Come forma di ricatto nel frattempo la proprietaria del latifondo aveva smesso di affittare degli appezzamenti ai quilombolas impedendo l’ingresso a chiunque. Dieci giorni fa il giudice federale aveva dichiarato illecita la decisione della padrona e aveva intimato che i quilombolas potessero tornare a coltivare i tradizionali appezzamenti di terra. Solo che la padrona aveva già dato in affitto tutto il latifondo a un allevatore di bestiame che aveva pensato bene di recintare con il filo spinato le due case che si trovano lì e che sono abitate da due famiglie con la conseguenza che nessuno può più uscire di casa né per andare a prendere l’acqua, o a fare la spesa, e tanto meno i bambini possono andare a scuola perché hanno paura del bestiame che, effettivamente, è abbastanza selvatico e pericoloso. Francimar e il personale dell’INCRA sono quindi andati a prelevare le due famiglie per esporre denuncia alla stazione di polizia e all’Ufficio di protezione dei minori, in modo che il giudice possa di nuovo intervenire contro la padrona.
Finite le pratiche alla polizia, ci rechiamo tutti e tre al palazzo del comune dove, alle tre del pomeriggio, entriamo con tutte le famiglie dell’Engenho do meio. E’ qui che Francimar da lettura dell’intimazione del giudice, scoprendo che in realtà i contadini vengono accusati di invasione violenta, di distruzione di beni pubblici e di impedimento sempre violento dello svolgimento di un servizio publico essenziale come la raccolta dei rifiuti. La sentenza li condanna, tra l’altro, al pagamento delle spese processuali e degli onorari degli avvocati del comune. Si vede chiaramente che il giudice ha preso per buone tutte le ragioni del sindaco senza informarsi della reale situazione e senza minimamente interpellare gli occupanti e sentire le loro ragioni. In ogni caso il giudice concede cinque giorni di tempo (compresi sabato e domenica) affinchè gli accusati procurino un avvocato che li rappresenti. Siccome nessuno si fida degli avvocati del luogo, decidiamo di ritornare a João Pessoa per cercare un avvocato all’altezza della situazione e preparare la difesa. Alla sera il presidente dell’associazione dei contadini ci telefona per dirci che il sindaco li ha ricevuti tentando di minimizzare le cose e facendo le solite eterne promesse non mantenute.
Lunedì Francimar è tornata sul luogo con il presidente dell’INCRA per vedere quali passi fare nei confronti del sindaco e della padrona del latifondo. Martedì Luis ha accompagnato l’avvocato a depositare gli atti della difesa.
Molte battaglie ci aspettano nei prossimi giorni, ma è chiaro che non possiamo abbandonare questa gente in un momento così critico. D’altra parte è proprio in questo che consiste il nostro progetto di volontariato!

A seguire una serie di immagini della giornata. Cliccare sulla foto per vedere tutto.



Ammirando le opere d'arte di uno storpio (Aleijadinho)

quarta-feira, 14 de maio de 2014
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Un altro Brasile veramente, quello che ho avuto occasione di visitare la scorsa settimana in una “toccata e fuga” che sa tanto di aperitivo in attesa di una degustazione completa di quella che fu definita, con un pizzico (grande) di campanilismo artistico, la maggior espressione del barocco/rococó del Brasile e dell’America latina.
Non sta a me descrivere e decantare un fenomeno che ha certamente avuto dei connotati grandiosi e irripetibili nella storia dell’arte brasiliana e mondiale; non ne ho la capacità nè la voglia, ma credo di poter dire senza ombra di dubbio che è stata un’esperienza inusitata e totalizzante. Come dicevo si è trattato di una visita lampo avendo concentrato la mia attenzione su Ouro Preto, cittadella scrigno di una spigolosa bellezza, e sul santuario di Bom Jesus de Matosinhos in Congonhas nello stato del Minas Gerais (Brasile).
In ambo i casi ti si para davanti la figura di Antônio Francisco Lisboa, detto l’Aleijadinho (lo storpio). Figura storica vissuta tra il 1738 (circa) e il 1814, ma bem presto trasformata in mito a rappresentare il meglio e il peggio di un ufanismo (nazionalismo) brasiliano in cerca di qualcosa di veramente unico e importante, tale da potersi sentire alla pari nel contesto internazionale della creazione artistica.
Così, lasciati da parte preconcetti, stereotipi e aspettative esagerate, mi sono lasciato trasportare (se così può essere definito il penoso saliscendi su ripide stradine di ciottoli scivolosi e sbilenchi) dalla semplice voglia di godere della bellezza del tutto e del particolare.
Non si può ovviamente dimenticare il contesto geografico e storico: l’epoca della corsa all’oro che ha prodotto ricchezze improvvise e impensabili a scapito di uno sfruttamento brutale della mano d’opera schiavizzata proveniente dall’Africa e che, ancora oggi, è testimoniata dalla massiccia presenza di popolazione di colore nella regione.
Lo stesso Aleijadinho era figlio bastardo dello scultore e architetto portoghese Manuel Francisco Lisboa, che mise incinta la sua schiava africana Isabel. Quanto la condizione di mulatto abbia influito sulla traiettoria di vita e artistica di Aleijadinho non è dato sapere, ma con certezza non deve essere stato facile imporsi in un ambiente coloniale fortemente caratterizzato dalla discriminazione razziale e economica.
Ti intriga anche la storia della misteriosa malattia che nel corso degli anni avrebbe storpiato l’Aleijadinho al punto da obbligarlo a usare delle improbabili protesi per poter continuare nel suo lavoro.
Storie, legende, miti, che hanno accompagnato la mia rapida e intensa visita. Un esercizio riuscito che ha regalato sensazioni inusitate e la voglia di tornare.
Di seguito una serie di fotografie di Ouro Preto e dei dodici profeti che Aleijadinho ha scolpito per il Santuario del Bom Jesus de Matosinhos così come li ho visti attraverso le lenti della mia macchina fotografica.

Scorci di Ouro Preto (cliccare nella foto)
I 12 profeti di Aleijadinho (cliccare nella foto)

Pasqua di Risurrezione

quarta-feira, 16 de abril de 2014
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Pasqua di Risurrezione è la festa più importante per i cristiani, ma lo è anche per tutti coloro che credono nella vita indipendentemente dalle loro fedi. E’ per questo che penso di poter parlare di cosa significhi “pasqua” per alcune ragazze di due comunità quilombolas con cui lavoro.
Da alcuni anni stiamo portando avanti un progetto chiamato ESCRILENDO, un modo semplice ma efficace di avvicinare i bambini al fantastico mondo della lettura aiutandoli in modo alternativo a colmare le gravi lacune scolastiche derivanti da una perversa e carente offerta educativa da parte degli amministratori pubblici. In questo progetto abbiamo coinvolto come animatrici sei ragazze delle comunità di Pedra d’Água e del Matão; si tratta di un lavoro volontario, ma diamo loro un piccolo contributo economico per stimolarle e per aiutarle a proseguire negli studi. Nessuna di loro aveva la possibilità economica di accedere all’università e, soprattutto, nemmeno potevano immaginare che potesse accadere.
E invece, grazie alla partecipazione al progetto, per loro si sono aperte nuove prospettive, hanno capito che possono sognare più alto, spiccare il volo verso nuovi orizzonti. Come dice Rosemary: “Adesso che ho capito che i miei orizzonti sono più ampi, ho la certezza che posso costruire la mia vita con le mie mani, la mia testa e il mio cuore”.
Rosemary e Rosangela stanno frequentando il secondo anno all’università, Josefa e Beatriz hanno cominciato quest’anno, Cirleide e Renata stanno concludendo l’ultimo anno delle scuole superiori e si stanno preparando per l’esame di ammissione all’università. Nel frattempo Rosemary e Josefa sono state assunte come supplenti alla piccola scuola elementare della comunità e Rosangela segue il doposcuola in una comunità vicina. E chiaramente tre giorni alla settimana li dedicano ai bambini di Escrilendo.
Tutto questo per me è Pasqua di Risurrezione: aver dato la possibilità a queste ragazze di sperare e lavorare per un futuro migliore.
Buona Pasqua!


PS. Un pensiero e un grazie particolare agli amici di “UNITI PER LA VITA” di Arese il cui sostegno è fondamentale per il successo del progetto ESCRILENDO.

IL CAMMINO DELLE PIETRE di Gigetto Zadra

quarta-feira, 29 de janeiro de 2014
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In Serra Rajada, ai piedi della salita che porta al Grilo, incontro Paquinha (Leonilda) e Loia (Elias): ambedue coinvolti nella costruzione delle cisterne previste dal programma governativo. Paquinha sta setacciando la sabbia per il ritocco finale di una cisterna, il fedele coltello alla cintura, cappello in testa e un sorriso aperto. La vita non é stata facile per lei, l’ha costretta ad affrontare una dura lotta quotidiana per la sopravvivenza, costringendola a tirar su la famiglia praticamente da sola; ma, sotto un corpo magrolino, si nasconde un grande cuore di donna tenace e coraggiosa. Paquinha ha tre figli maschi e una femmina, Massilene, l’ultima della nidiata, amata da tutti per la sua dolcezza e bellezza rotonda.
Oggi il nostro incontro ha qualcosa di speciale: Paquinha e Loia non riescono a nascondere l’allegria mentre raccontano la novità. Finalmente sono riusciti ad aprire una strada che porta fino alla comunità attraverso i pietroni che ricoprono la collina rocciosa dove il quilombo del Grilo sta aggrappato da molti anni, da quando gli antenati di questo popolo tenace e coraggioso hanno deciso di stabilircisi. I due fratelli mi mostrano il percorso e mi invitano a salire con la macchina per la rampa ripida ma ben tracciata. Mai avrei pensato che si potesse aprire una strada su quel costone, ed ora stiamo salendo zigzagando tra le pietre mentre Paquinha racconta con soddisfazione come sono riusciti nell'impresa.
Era un sogno antico, accarezzato fin da quando Grilo aveva cominciato a ricevere visite, da quando la comunità aveva cominciato a organizzarsi sotto la guida di Paquinha. Ed eccoci in cima al colle, la strada ancora non totalmente conclusa ma che si spalanca davanti a noi quasi volesse far passare la felicità di Paquinha: “Desideravo proprio che fosse la tua macchina a salire per prima su questa montagna perché ci sei stato vicino e di grande aiuto nel nostro cammino”.
Con grande insistenza Paquinha é riuscita ad avere dal sindaco la ruspa comunale che in quattro giorni di lavoro sotto la sua direzione e con l’intervento fattivo della comunità, ha aperto il cammino tra le pietre. Adesso la nuova strada, come un grande serpente sinuoso, si insinua tra gli ostacoli permettendo di arrivare fino al centro comunitario.
Questo fatto ha un enorme significato e una grande densità umana come gridasse al mondo “noi esistiamo, vogliamo rispetto, vogliamo il nostro pezzo di terra, siamo qui”. E dalla cima del colle/piccola montagna del Grilo la soddisfazione si espande per le valli circostanti, e lo sguardo abbraccia la terra che quanto prima sarà loro, quella terra che hanno da sempre coltivato per vivere, e che mai fu loro riconosciuta. Stanno già programmando giorni di lavoro comunitario per completare l’opera e tutti vogliono partecipare: il Grilo, in questi anni, è uscito dall’isolamento. Sembrava destinato a rimanere eternamente dimenticato, nascosto. È come se avessero aperto un cammino in mezzo al mondo, proprio loro i quilombolas.
Nonostante molti non abbiano mai creduto in questa comunità, a dispetto delle autorità che hanno sempre ignorato questo pezzettino di Brasile, c’è gente che non è più disposta a rinunciare ai suoi diritti perché ha imparato la strada... in mezzo a molte pietre.
Questo fatto é come la parabola delle molte lotte affrontate dal popolo negro per affermare la sua esistenza e dignità. Molti sassi, molte frustate fisiche e morali, molto disprezzo: “nessuno dà valore ai poveri” afferma Loia, ma i poveri, seppur lentamente, si rafforzano e si affermano con la loro capacità di lottare perché il loro nome è resistenza.
In mezzo ai rilievi dell’Agreste Paraibano si erge questo piccolo/enorme monumento di umanità che permette di vedere in lontananza Campina Grande, Ingá, Serra Redonda, Riachão de Bacamarte e molte altre abitazioni aggrappate ai pendii. E il brillare degli occhi di Paquinha domina con fierezza e dolcezza i dintorni. Una donna, una dele tenaci donne paraibane che nei molti bastioni di queste terra contribuiscono ad alimentare il miracolo della vita.









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