La costa d'oro sui giornali

terça-feira, 1 de novembro de 2011
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L'esposizione "A costa do ouro: mina de escravos" é stata valutata dalla Caixa Economica Federal, sponsor ufficiale della mostra, come una delle attivitá culturali di più alto livello tra quelle promosse dalla stessa istituzione in tutto il Nord Est del Brasile nel corso del 2011. Si calcola che siano stati circa 15.000 i visitatori nell'arco dei 40 giorni che la mostra é stata aperta al pubblico nel prestigioso polo espositivo "Estação Cabo Branco - Ciência Cultura & Artes" di João Pessoa. Anche l'eco sulla stampa è stata notevole. Tre quotidiani e un settimanale vi hanno infatti dedicato ampio spazio creando cosí un'aspettativa ben al di lá delle più ottimistiche previsioni. La mostra ha goduto di una notevole copertura anche nei telegiornali locali e in numerose riviste on line.

Prima pagina e servizio interno sul quotidiano "A união" 

Prima pagina e servizio interno sul quotidiano "Correio da Paraíba" 

Prima pagina e servizio interno sul quotidiano "Jornal da Paraíba"

Manchette di prima pagina e servizio interno sul quotidiano "O norte" 


Notizia sul settimale politico-culturale "Contraponto" 


Il Progetto ESCRILENDO di Pedra d'Água

quarta-feira, 26 de outubro de 2011
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La comunità quilombola di Pedra d’Água è composta da 193 famiglie per un totale di 490 abitanti. Per l’istruzione di base ci si serve di un’edificio dove si svolgono le lezioni per 22 bambini dell’asilo e 52 alunni del primo quinquennio di quello che in Brasile si chiama “ensino fundamental” (l’equivalente delle nostre scuole elementari). Già l’edificio presenta evidenti problemi dovuti allo stato fatiscente della struttura. Le aule a disposizione sono soltanto due, una delle quali è addirittura senza finestre. Ambedue sono comunque inadeguate per qualsiasi tipo di didattica. Esiste un altro piccolo locale che viene usato come cucina per la preparazione della refezione scolastica, dispensa, sala riunioni, ufficio di direzione e di segreteria, ecc…

La carenza di locali obbliga ai doppi turni (che peraltro sono una costante in tutto il Brasile) e, cosa ben peggiore, alla prassi delle classi multi serie. Vediamo alcuni esempi. Il primo e il secondo anno formano una unica classe di 18 alunni che vanno dai 6 ai 10 anni; 9 sono regolari, 6 sono ripetenti di un anno, 2 di due anni e 1 di tre. Non è difficile immaginare di come sia arduo il compito dell’insegnante alle prese con il processo di alfabetizzazione degli alunni di prima e che, nello stesso tempo, dovrebbe dedicare attenzione ai problemi di apprendimento dei ripetenti di vari anni (praticamente la metà della classe). La situazione della terza e della quarta è ancora più drammatica in quanto i 19 alunni da cui è formata la classe hanno un’età che va dai 9 ai 16 anni. Solo 6 sono in linea con l’età, tutti gli altri sono ripetenti da uno a sette anni. La quinta è formata da 15 alunni con età compresa tra i 10 e i 14 anni; 6 sono regolari mentre gli altri nove sono ripetenti di svariati anni. 
Ovviamente le cause di una realtà così disastrosa sono molteplici, ma è innegabile che la situazione “ambientale” sia una di quelle fondamentali. Il risultato è che la maggior parte dei bambini di Pedra d’Água non arriva nemmeno alla conclusione del primo ciclo di studi e abbandona senza aver imparato a leggere e scrivere il minimo indispensabile per non entrare a far parte dei cosiddetti analfabeti funzionali. Tutto questo avviene nel quasi totale disinteresse dell’amministrazione pubblica, il comune di Ingà, il quale, tra l’altro, lascia molto a desiderare anche per la situazione della strada di accesso alla comunità e per il trasporto scolastico dei 54 alunni che proseguono gli studi nella frazione di Pontina (due chilometri di strada sterrata). Per non parlare della refezione scolastica generalmente di pessima qualità, quando addirittura non manca (il che succede molto spesso). Ma di tutto questo parleremo un’altra volta.
Oggi vogliamo invece illustrare il progetto ESCRILENDO al quale si è potuto dare avvio grazie all’aiuto dell’associazione di Arese “UNITI PER LA VITA” e Reed Business Information Italia.


 La fatiscente struttura della scuola frequentata da 74 alunni

Elaborazione dei dati con la direttrice della scuola

Attività nella sala senza finestre         Terza e quarta nella stessa classe 

Da circa due anni Casas de Leitura e Casa dos Sonhos stanno lavorando in sinergia per sviluppare metodologie adeguate a incentivare l’amore per la lettura e la scrittura in situazioni di estrema carenza socio culturale. E’ in questo contesto che è nato il progetto ESCRILENDO, un insieme di esperienze sul campo che si sono consolidate attraverso svariate iniziative: narrazione, lettura collettiva e singola, prestito organizzato di libri, scrittura di piccoli racconti, teatro, circo, scuola di fotografia, ecc… Senza alcuna pretesa scientifica e convinti di avere sviluppato una serie di “best practices” abbiamo deciso di “esportare” la nostra esperienza in altri contesti carenti.

La scelta di Pedra d’Água è scaturita dalla drammatica analisi della sua realtà scolastica fatta da Alberto che, oltre a coordinatore Casas de Leitura, dedica parte del suo impegno di volontariato alla promozione e sviluppo delle comunità afro-discendenti delle quali la stessa Pedra d’Agua fa parte.
Una volta conclusa l’analisi della situazione e stabiliti gli obiettivi dell’intervento, la prima tappa è stata la scelta e la formazione delle future animatrici del progetto di Pedra d’Agua: Rosimare di 19 anni e Josefa di 18, ambedue nate e cresciute nella comunità. Il processo formativo è stato gestito da Danielle, coordinatrice di Escrilendo: tre giorni intensi di lavoro teorico e pratico, una full immersion nell’esperienza di Casa dos Sonhos. La settimana successiva è stata dedicata alla supervisione logistica nella comunità e alla preparazione della programmazione delle prime settimane di lavoro. Il 12 ottobre abbiamo organizzato un’assemblea con i genitori dove è stata presentata l’analisi della situazione della scuola della comunità e illustrato il progetto Escrilendo. La reazione è stata entusiasta e la quasi totalità delle famiglie ha deciso di iscrivere i loro bambini. Ai ragazzi piú grandi e ai giovani è stata data l’opportunità di partecipare ad un corso di fotografia e così ci siamo trovati con 58 iscritti alle varie attività, praticamente quasi il doppio del previsto. Il 25 ottobre sono iniziate le attività: tre giorni alla settimana per tentare di recuperare il tempo perduto. Sappiamo che non sarà facile e che il cammino sarà lungo e irto di difficoltà. Ma vale la pena tentare perché, come si dice qui in Brasile, “se Deus quiser, tudo vai dar certo!” (A Dio piacendo, tutto andrà bene!).

Attività nella Casa dos sonhos - Conclusione del corso di formazione (Odete, Josefa, Danielle e Rosimare

Riunione con i genitori

Preparazione delle attività

25 ottobre: inizio delle attività


"UNITI" PER PEDRA D'ÁGUA

terça-feira, 25 de outubro de 2011
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Tutto cominciò quando l’amico Emilio mi disse che l’associazione UNITI PER LA VITA di Arese voleva appoggiare qualche progetto nuovo in Brasile. Fu fissato un incontro per presentare le iniziative di volontariato in cui sono coinvolto in prima persona nello stato della Paraíba, nord est del Brasile. In particolare, mi soffermei sull’esperienza di Casa dos Sonhos e sul progetto di appoggio alle comunità quilombolas della regione. Se fu facile parlare dell’attività in favore di un centinaio di bambini di una favela nel comune di Santa Rita, periferia della capitale João Pessoa, alquanto impegnativo fu illustrare la realtà e il lavoro con le comunità quilombolas. Già i termini “quilombo” e “quilombola” suonavano nuovi agli orecchi dei miei ascoltatori. Dovetti così spiegare che “quilombo” era il termine usato durante i secoli bui della schiavitù per definire il luogo dove si rifugiavano gli schiavi fuggiti dalle fazendas per sottrarsi al lavoro forzato e riacquistare la propria libertà. Non era facile sopravvivere lontano dai centri abitati e continuamente braccati dalle bande paramilitari assoldate dai fazenderos e dal potere pubblico per catturare i fuggitivi e cercare di porre fine ad un fenomeno che, nei fatti, con il suo esempio, poteva mettere in crisi il sistema schiavistico. Nonostante tutto, molti quilombos riuscirono a sopravvivere negli anni, continuando la loro esistenza anche dopo l’abolizione della schiavitù (13 maggio 1888). Anzi molte altre comunità di afro-discendenti si formarono dopo l’abolizione. Allontanati dalle fazendas senza alcun tipo di indenizzazione, molti ex schiavi si ritrovarono all’improvviso senza terra e senza lavoro. Vari nuclei familiari dovettero così accontentarsi di occupare un brandello di terra ancora libero, generalmente in posti impervi e isolati, dove cercare in qualche modo di riorganizzare la loro vita. Senza risorse e mezzi economici a disposizione queste comunità non ebbero alcuna possibilità di sviluppo e quindi sono rimaste fino ai nostri giorni ai margini della società, isolate e discriminate. Dopo l’approvazione della nuova costituzione del 1988 e, soprattutto, grazie al decreto di applicazione del governo Lula nel 2003, il problema dei diritti dei quilombolas ha finalmente trovato una, seppur lunga e difficile, possibilità di via di uscita. L’obiettivo principale è garantire il diritto alla terra affinché le comunità quilombolas possano finalmente trovare mezzi sufficienti di sostentamento e poter così mantenere vivo il loro patrimonio culturale e umano. Nello stato della Paraíba è l’associazione AACADE (Associazione di appoggio alle Comunità afrodiscendenti), di cui io faccio parte, che si occupa delle varie problematiche legate alle comunità quilombolas. Ad oggi seguiamo un totale di 38 comunità aiutandole sia sotto l’aspetto giuridico che con vari progetti di sviluppo attraverso lo strumento del microcredito. Facciamo anche molti corsi di formazione, soprattutto per i giovani e le donne, nei più svariati campi, che vanno dal taglio e cucito, all’alimentazione con prodotti naturali, all’allevamento di animale da cortile , ecc… Tutto questo è possibile soprattutto grazie al generoso aiuto e sostegno di varie associazioni e amici italiani. E’ in questo filone che si è inserita anche l’associazione “Uniti per la vita” di Arese. Il primo progetto è cominciato da poche settimane nel quilombo di Pedra d’Água e coinvolge una sessantina di bambini e giovani della comunità. Il progetto “Escrilendo” prevede soprattutto un aiuto nell’ambito dell’apprendimento scolastico, con tre giorni di attività alla settimana. A breve daremo informazioni approfondite sui contenuti specifici del progetto e sull’andamento dell’esperienza. Nel frattempo però vogliamo inviare un caloroso e affettuoso ringraziamento agli amici di “UNITI PER LA VITA”: grazie al loro aiuto prezioso, i bambini di Pedra d’Água hanno qualche speranza in più per il loro futuro.

Scorci della Comunitá quilombola di Pedra d'Água 

L'edificio della scuola e il piccolo centro per le attivitá di Escrilendo

Solidarietà tra poveri

sexta-feira, 16 de setembro de 2011
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“Cruz da menina” é una comunità quilombola sperduta al nord della Paraíba vicina al confine con Rio Grande do Norte. Terra da coltivare praticamente zero e quel poco sassoso e soggetto a lunghi periodi di siccità. Difficile pensare a qualche via d’uscita per il futuro immediato. Nonostante questo la comunità si sta organizzando, ha fondato la sua associazione ed ha eletto il suo presidente, sventando ogni tentativo del sindaco di mettere sulla poltrona un suo scagnozzo. Con l’aiuto di Luis e Francimar si sta cercando di affrontare i problemi più pressanti, come per esempio quello della mancanza di un’abitazione decente. In un incontro con il Governo della Paraíba, AACADE è riuscita a garantire la costruzione di 150 case per i casi più urgenti delle 38 comunità quilombola dello stato. In questa prima fase a Cruz da Menina ne sono toccate cinque. Non è molto, ma per i membri della comunità, oggi raccolti in assemblea, questo è già un grande passo. Per chi non ha mai avuto niente, anche il poco è molto. La scelta delle cinque famiglie a cui dare la casa non provoca alcuna discussione, tanto è evidente per tutti chi si trova in stato di vera necessità. E parlando di solidarietà va segnalato il fatto che oggi abbiamo portato con la nostra Toyota diciassette ceste basiche di alimenti. Ovviamente queste ceste non sono cadute dal cielo. Erano destinate alla comunità di Senhor de Bonfim, ma con una decisione presa in assemblea, i legittimi destinatari vi hanno rinunciato a favore dei più bisognosi della comunità di Cruz da Menina. Solo cinque anni fa Bonfim non aveva la minima idea di cosa fosse l’autosufficienza alimentare. Poi sono arrivati Luis e Francimar, hanno organizzato la comunitá e l’hanno aiutata a sviluppare vari progetti agricoli attraverso il microcredito. L’anno scorso, dopo sei anni di lotta, la comunità é riuscita a rientrare in possesso di 124 ettari di buona terra e, grazie all’esperienza maturata negli ultimi anni, oggi può guardare al futuro con molta più fiducia. È per questo che nessuno dei membri della comunità ha avuto nulla da ridire sul fatto di rinunciare alle loro ceste basiche in favore di Cruz da Menina. Solo quattro membri, che sono ancora in una situazione di difficoltà, continueranno a ricevere la loro cesta, ma hanno già dichiarato che appena la situazione migliorerà, anche loro la cederanno in favore di altri. Ovviamente i nuclei familiari di Cruz da Menina che necessitano di aiuto alimentare sono molti di più delle ceste disponibili: è per questo che gli alimenti saranno divisi tra tutte le famiglie bisognose tenendo conto del numero dei bambini di ognuna.

Luis e Francimar durante l'assemblea alla comunità di Cruz da Menina 

Assemblea alla comunità Senhor de Bonfim. 

Sarebbe facile a questo punto ricamare riflessioni romantiche sulla generosità innata della povera gente. Niente di tutto questo. L’essere umano, e tantomeno il povero, non è affatto generoso per natura. La generosità è qualcosa che si apprende, frutto di una educazione che porta a vedere nell’altro il riflesso di se stessi e, pertanto, portatore degli stessi tuoi diritti e desideri, a cominciare da quello di non essere schiavo della mancanza del minimo necessario. Se questa attenzione alle necessità dell’altro, è, anche in piccola parte, il risultato del lavoro dedicato ai nostri amici delle comunità nere, abbiamo di che esserne orgogliosi. 

Consegna dei viveri alla comunità Cruz da Menina.

Un pugno di terra - La storia della fazenda Quirino

terça-feira, 16 de agosto de 2011
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La donna riempie la mano di terra bagnata, chiude il pugno e lo stringe fino a spremere algune gocce d’acqua. Poi lo appoggia al petto e, con un gesto di estrema tenerezza, bacia la terra bagnandola con le copiose lacrime che le stanno scorrendo dagli occhi. Nessuno nota questo gesto, eccetto la compagna che le sta a fianco e che me lo racconta il giorno dopo, non senza il timore di rompere la bellezza e l’incanto di una emozione che l’ha colpita profondamente. È il 13 di marzo 2001, fazenda Quirino. In cima alla collina che domina la regione, i mezzadri stanno assistendo alla messa tanto agognata, riuniti attorno ad una croce alla quale si aggrappano per sorreggere la loro speranza di ottenere definitivamente un pezzo di terra. Grande paura e molta fede hanno condotto in cima alla collina quel che è rimasto del gruppo di mezzadri che il padrone della fazenda sta tentando di espellere dalla terra con le più svariate forme di intimidazione e violenza. Per loro questo è il momento di aggrapparsi a quello che ancora loro rimane, la fede in Dio per continuare ad avere il coraggio di resistere. Hanno giurato a se stessi che mai avrebbero lasciato la loro terra per finire a soffrire nella periferia della città. Il giorno è nuvoloso e si sta preparando a piovere. Vicino alla croce, appena piantata, hanno messo anche una pianta di mandacaru, tipica pianta del nord est e simbolo della resistenza contadina. La croce precedente è stata divelta e spezzata dai pistoleros del fazendero, ma la scommessa di tutti è che fino a quando ci sarà vita e fede, altre croci saranno erette tutte le volte che sarà necessario, nella certezza che Dio mai abbandonerà il suo popolo. Sul minuscolo altare improvvisato sulle pietre, i bambini vi hanno appoggiato un mazzo di fiori gialli di campo dando all’insieme un tocco di inaspettata e nobile bellezza. Dall’alto della collina questi signor nessuno nordestini, che non si rassegnano ad accettare la logica del latifondo che li vuole espellere, si affidano al cielo guardando con tenerezza la loro terra assetata in attesa della pioggia. Sono Bitonho, Silvinha, Severino Paulino, Tetê, Dudinha... e un nugolo di bambini. E la benedizione, nel bel mezzo della messa, cade copiosa dal cielo bagnando e penetrando corpi e anime. In questo rituale umano e divino nello stesso tempo, viene condiviso il pane consacrato pestando con forza la terra per rinnovare la certezza che questa terra è nostra, la terra promessa. E donna Maria Helena, con il suo gesto silenzioso e profondo, consacra e nobilita questo momento. Lei ne ha già viste di tutti i colori ed è passata attraverso momenti duri e difficili che hanno lasciato tracce profonde nel corpo ma non hanno piegato l’anima. Affronta i pistoleros con una lingua affilata: queste donne sono coraggiose, onorando la memoria di un’altra donna paraibana lottatrice, Margarida Maria Alves. La storia di questa gente è sempre stata segnata dal dolore. La fazenda si trova a una sessantina di km. da João Pessoa, vicino ad Alagoa Grande, dove mani assassine inviate dal latifondista senza legge, tolsero la vita a Margarida nel 1983. Il senso di potere e di impunità del latifondo fa parte della storia di queste terre, e raggiunse l’apice con l’introduzione della canna da zucchero per la produzione di alcool. Poco è rimasto di questi progetti che hanno bruciato montagne di denaro pubblico e distrutto totalmente le foreste native riducendo la gente a pedine senza nome e senza futuro. Oggi molte fazende sono praticamente improduttive. Anche questa del Quirino che ha una superficie di quasi 1000 ettari e appartiene a Alcides Vieira de Azevedo. Su questa terra sono nate e cresciute circa 45 famiglie, mezzadri con più si 60 anni di permanenza. Il padrone ha sempre impedito che qualcuno piantasse piante da frutto, aggiustasse la casa o facesse qualche miglioria. Nel marzo del 1998 l’INCRA aveva espropriato la fazenda in quanto improduttiva. Nel 1999 la terra era stata consegnata ai mezzadri che la ribattezzarono Novo Horizonte (Nuovo Orizzonte). Ma l’orizzonte fu ben presto oscurato: su ricorso del proprietario un giudice compiacente sospese il passaggio di proprietà. Da quel momento il fazendero ha cominciato a trasformare in un inferno la vita dei mezzadri impedendogli di lavorare la terra, rifornirsi di acqua, pescare nello stagno, allevare animali in libertà, ecc... Il suo obiettivo è costringere i mezzadri a sloggiare dalla fazenda, costi quel che costi. Tutto questo con l’appoggio di pistoleros sotto la guida di Sergio Azevedo, poliziotto in servizio e parente del proprietario. In tutta la regione la maggior parte dei fazenderos si avvalgono di squadroni armati privati per spaventare i mezzadri armi alla mano e minacce e insulti di tutti i tipi. Sono già vari i casi dichiarati di contadini uccisi e impallinati. Il potere pubblico è connivente e fa finta di non vedere. Quello che più lascia esterrefatti è l’impunità totale che permette a queste bande armate di infernizzare la vita dei pacifici contadini. La vita di questa povera gente, nel corso degli ultimi due anni, è stata segnata dal dolore e dall’insicurezza. È rimasto solo un piccolo gruppo a tenere in piedi la baracca, stremati e mezzo affamati visto che non possono seminare praticamente niente. Ma grazie alla loro testardaggine e fede in Dio non ne vogliono sapere di rinunciare al loro sacrosanto diritto alla terra. Il nostro gruppo di appoggio agli insediamenti agrari di Alagoa Grande è stato coinvolto ed è solidale nella lotta per la terra.


Terminata la celebrazione della messa, all’uscita dalla fazenda, sei contadini e un professore dell’Università Federale di Campina Grande, scambiato per padre Luis, furono catturati dai pistoleros e, dopo alcune ore di sequestro nel recinto della fazenda, trasportati presso la sede della polizia locale. Il potere del latifondo è così grande che la forza pubblica non ha preso alcuna misura contro i pistoleros responsabili del sequesto che, oggi, continuano tranquillamente a girare per la regione. L’episodio ha provocato una forte reazione nell’opinione pubblica e, come conseguenza, è stata promossa una strategia per coordinare un’azione che ha coinvolto INCRA, magistratura e polizia della Paraíba. Apparentemente al momento la situazione sembra un pò più calma. La speranza della gente comincia a rinascere e, come il seme che sboccia dopo l’arrivo delle tanto desiderate piogge, ha ripreso vigore. Il 26 marzo, le famiglie dei contadini, adesso ben più animate e organizzade, hanno cominciato in gruppo a preparare la terra.


Il sorriso è tornato a spuntare sul volto di tutti e lo sguardo ha ricominciato a brillare. Durante il pranzo comunitario è stato distribuito il pesce appena pescato in abbondanza nello stagno al quale, nrgli ultimi due anni, i contadini non osavano e non potevano nemmeno tentare di avvicinarsi. È stato un momento privilegiato di abbondanza e soddisfazione, e il cibo si è trasformato nel sacramento di quello che un giorno avverrà. L’ultima parola sarà della vita.

Nel tuo pugno chiuso, Maria Helena Severina, 
stai stringendo la terra che ti ha visto nascere 
e che tu vuoi come madre. 
Questa terra sarà tua: la terra che ti ha dato la vita 
e che ha retto i tuoi giorni. 
I tuoi 39 anni sono pochi per l’età che dimostri: 
sei stata segnata nel corpo e nell’anima dalle tristezze della vita 
che però non sono riuscite a smorzare 
la tua grinta di donna che genera la vita 
e nella terra che ami con tanta tenerezza, sta il tuo segreto. 
Questa terra sarà tua, questa terra sarà nostra! 
E molto presto, dall’alto della collina 
potremo guardare con gli occhi gonfi di lacrime 
i campi verdi brillanti al sole, annunciando giorni pieni di promesse. 
E con i bambini danzeremo la ciranda di una nuova alba. 
Sarà bella la festa e la vita ancora più dolce 
quando raccoglieremo i frutti della terra conquistata con tenacia. 
Stringi forte la tua terra 
e con le tante compagne “Maria” e i compagni
difendi il tuo diritto a sognare e a vivere. 

Il 22 di aprile, una macchina fuori controllo privò della vita dona M. Helena e la sua figlia minore Sueli, lungo il bordo della strada a fianco della fazenda. Si portò via la vita ma non lo spirito nè i sogni di questa donna che in un gesto profondo aveva saputo esprimere il senso della lotta e dei sogni dei suoi compagni. Aveva avuto 16 figli e Sueli, con i suoi 5 anni pieni di vita era sempre al suo fianco. Una delle contadine commentò con amarezza: “Maria Helena ha portato con sè la piccolina perchè non voleva che soffrisse qui sulla terra come noi soffriamo”. Nella cassa hanno messo un pugno della terra tanto desiderata. La parte che le è toccata di questo latifondo che sperava fosse diviso fra tutti. E questo pugno di terra è stato il segno di un impegno rinnovato per la dignità e il pane. Ancora una volta questa terra è stata bagnata dalle lacrime della gente nella speranza di giorni migliori.

Così scriveva Luis Zadra, allora ancora prete, nel lontano 2001. Purtroppo le cose non presero la piega sperata e ci vollero altri 10 anni di lotte, delusioni, minacce e fatti gravi per arrivare finalmente alla soluzione positiva del caso. La trattativa fra INCRA e fazendero per trovare un accordo sulle condizioni indenizzatorie di un eventuale esproprio si trascinarono stancamente per anni, anche perchè era evidente una certa reticenza dell’Ente pubblico a voler veramente concludere. Probabilmente, a causa dell’onerosità dell’esproprio, la cosa non rientrava nelle priorità del momento. Finchè, nel novembre del 2007, accadde un fatto che avrebbe segnato la ripresa feroce del conflitto e l’inizio della fase finale della vicenda. Sandro, figlio maggiore di Zé Duda e Silvinha, avendo deciso di sposarsi, decide di costruirsi una casetta in cima ad una collina nella parte di territorio concessa loro temporaneamente in uso dal giudice. La reazione del fazendero non si fece attendere. Interpretando il fatto come una rottura dei patti, quasi una dichiarazione di guerra, mandò immediatamente i suoi pistoleros che con mazze e pistolettate rasero al suolo quanto già era stato costruito. I contadini questa volta non si lasciarono intimorire e ripresero con lena la costruzione della casa.


Avvenne tutto in modo rapido e inaspettato. Una decina di pistoleros, comandati dal nipote del fazendero e dal solito Sergio Azevedo, invasero la casa di Zé Duda, lo immoblizzarono e lo riempirono di botte. Distrussero tutto quello che era a portata di mano, rinchiusero bambini e ragazzi in una stanza e, una volta trovata Silvinha, la buttarono sul letto violentandola con un bastone infilato con forza nella vagina. Spararono molti colpi di intimidazione e se ne andarono ghignando. Le conseguenze per Silvinha, al di là di una grave setticemia, furono profonde soprattutto sul piano emotivo e psicologico. Ma quando ormai sembrava che tutti fossero sul punto di rinunciare, Silvinha decise che adesso era il momento di resistere come non mai. Accettò che il fatto divenisse pubblico, si sottopose a trattamento psicologico e divenne ben presto la bandiera della nuova resistenza. A Natale, con un gruppo di amici di João Pessoa, fummo al Quirino per esprimerle la nostra solidarietà: Silvinha ci accolse in piedi sulla soglia di casa, abbracciandoci uno per uno con una forza dignitosa mescolata a lacrime schive e liberatorie.



Di fronte all’acuirsi della violenza contro i contadini della fazenda Quirino e al clima di intimidazione messo in atto in molte altre realtà della Paraiba viene organizzata, nel febbraio del 2008, una assemblea pubblica straordinaria alla presenza del Segretario Generale per i Diritti Umani del Governo Lula, a cui partecipano vari deputati federali e statali, magistrati d’avanguardia, polizia e, soprattutto, rappresentanti delle comunità minacciate. L’atmosfera è tesa e drammatica e si fa veramente pesante quando vengono innalzate 22 semplici croci di legno con i nomi delle persone assassinate dai pistoleros negli ultimi 10 anni. Fa impressione sentire una giovane e coraggiosa Promotrice di giustizia fare pubblicamente il nome del poliziotto Sergio Azevedo. L’accusa è gravissima: come è possibile che sia ancora in servizio attivo un poliziotto implicato in tante vicende oscure senza che abbia una rete di protezioni ad alto livello? Molte sono le testimonianze dirette su fatti di sangue, assassini e sparizioni misteriose. Ed infine ecco la commovente e drammatica testimonianza di Evandro, figlio quindicenne di Silvinha, che quasi sembra rivivere in diretta i fatti di quella notte che mai potrà dimenticare.



Ormai la vicenda ha assunto contorni più ampi, varcando i confini della Paraíba e provoca l’intervento di varie organizzazioni internazionali, tra le quali Amnesty International. Di fronte ad una situazione di tale gravità sociale, il giudice incaricato stringe i tempi convincendo il fazendero ad accettare l’esproprio e obbligando l’INCRA a reperire i fondi necessari. Nel frattempo, alla fine della primavera del 2008 la famiglia di Silvinha decide di costruirsi una casa, nuovo silenzioso e coraggioso gesto di sfida: qui ho messo radici e da qui non mi muovo!



All’inizio del 2009 si installano nella fazenda altre famiglie di senza terra che, in assenza di altre possibilità, costruiscono le loro case con legno e fango. E finalmente il 16 agosto 2011 la tanto sospirata notizia: le controparti hanno firmato l’accordo. La terra sarà ben presto consegnata ufficialmente nelle mani dei contadini. Non ci pensiamo due volte, prendiamo la nostra Toyota e ci precipitiamo al Quirino attraversando di notte uno sterrato che già è impegnativo durante il giorno. Dopo due ore e mezza finalmente sul posto. Una festa improvvisata che più semplice e genuina non poteva essere. L’eroina, al centro di tutte le attenzioni, abbracci, baci è ovviamente Silvinha. Viva la forza delle donne. Viva la felicità di tutti. Grazie agli amici che ci sono stati a fianco. La terra è nostra. Amen!

 
La gioia dei contadini e, soprattutto dei bambini 

La famiglia di Silvinha con Luis, Amparo e Francimar 

PS. Per chi come Luis, Francimar, Amparo e negli ultimi tempi anch’io, ha accompagnato da vicino la vicenda cercando di dare tutto l’appoggio umano e organizzativo possibile, oggi è veramente un grande giorno. Quello che pareva impossibile è successo. Ancora una volta Davide ha sconfitto Golia. Graças a Deus!

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