COM QUESTE MIE MANI/IL NATALE DI LEONILDA di Luís Zadra

sexta-feira, 11 de dezembro de 2015
Verso mezzogiorno arrivo al Grilo dopo essermi arrampicato col mio fuoristrada sulla pericolosa rampa di acesso alla comunità. Nel frattempo Paquinha (Leonilda) sta salendo dal campo sottostante con la testa quasi nascosta sotto un cappello nero, caricando in spalla un sacco di fagioli appena raccolti. Traspira felicità per l´abbondanze raccolto nel campo situato sotto lo sperone di roccia dove si trova la comunità: fagioli mulatinho, fagioli neri, granoturco, zucche, e le fave che sono ancora in fiore. Ci tiene a mostrarmi il suo piccolo tesoro, non così piccolo, quasi due ettari piantati e coltivati a mano. Avvertendo il suo grande desiderio di mostrarmi la piantagione non riesco a dire no ed eccoci scendendo il sentiero ripido scavato nel granito.
Dall´alto si ha una bella visione panoramica della terra coltivata, terra che prossimamente i quilombolas potranno occupare definitivamente, frutto di volontà e resistenza. Al Grilo abitano piu’ di 70 famiglie di neri.
Sono quasi 150 ettari, molto accidentati, con speroni di roccia e molti avvallamenti, ma di terra buona. Su questa terra gli antenati hanno raccolto molta amarezza per la schiavitù che li opprimeva. La ricerca antropologica realizzata dall’ INCRA (Istituto della riforma agraria) è stata approvata da Brasilia che hà riconosciuto il territorio circostante il Grilo come territorio quilombola. Qui si è perpetuata la storia, la vita e la cultura di questa gente. È già stata stanziata dal governo la somma per indenizzare i proprietari.
Tutto questo è merito di Leonilda, che con altri membri della comunità ha affrontato l´arroganza dei proprietari che non riconoscono il diritto dei neri e la critica di molta gente della cittadina (Riachão de Bacamarte) che si vede chiaramente lì in basso.
Leonilda (Paquinha per la comunità) respira a fondo l´aria che profuma di granoturco fresco e fagioli verdi. La piantagione è bella ed abbondante e per fine settimana sta organizando un mutirão (lavoro comunitàrio) per la raccolta dei fagioli. “Se fosse piovuto ancora un pò, il granoturco sarebbe molto migliore, ma va bene così, molto bene così”.


Gli occhi di Leonilda luccicano ed um bel pò di amarezze e risentimenti sono amenizzati perchè il raccolto è sicuro. Sono stati fatti quattro tentativi di semina finchè l´ultima è stata benedetta dalla pioggia piu’ o meno regolare. Il nordestino è tenace, non desiste. Pianta ripianta, pianta nuovamente e quando non c’è piu’ verso appella alla volontà di Dio.” Dio non ha voluto”. (Questo è il quarto anno di siccità nel nordest del Brasile).
Paquinha fin da piccola insieme alla famiglia ha conosciuto il manico della zappa come unica maniera di sopravvivere e sempre ricorda come il papà sia morto di sfinimento per aver cercato in tutti i modi di allevare la numerosa famiglia. Aveva pure aquistato um fazzoletto di terra dove abita attualmente una parte della comunità, un fazzoletto proprio.
Leonila è uma donna minuta, resistente alle molte sofferenze, alle dure difficoltà che la vita le ha offerto: marito e figlio dipendenti dall’alcool, incomprensioni di persone della comunità. È estremamente generosa e dedicata alla comunità. Com le sue mani ha lavorato molta terra, ha cresciuto 4 figli, ha costruito case, cisterne (fa anche il muratore), ha organizzato la comunità per fare la ripida strada di acesso al quilombo.
Questa donna dalle mani callose e pelle nera, scolpita dal sole e dal tempo spesso inclemente, non ha perso la capacità di sorridere, di piangere, di sentirsi fragile, e non si arrende facilmente di fronte alle difficoltà della vita. Sta sognando con la terra che prossimamente sarà della comunità.
Dall´alto mi indica il posto dove c´era una sorgente ora sotterrata che poi pulirà per piantarvi attorno verdura “mi piace lavorare la terra, piantare, raccogliere per me e per gli altri”. La testa ed il cuore di Leonilda sono ben radicati nel suo quilombo e non ha nessuna intenzione di andarsene. Mai in passato avrebbe potuto immaginare che un giorno avrebbe potuto mettere i piedi e calpestare in libertà questa terra madre, libera e amorevole. Ha fatto un profondo cambiamento di coscienza, ha decodificato gli emigmi della vita anche grazie a quanti si sono fatti compagni di strada. Siamo ripartiti caricando pannocchie di granoturco, fagioli verdi ed una zucca regalatami co molto affetto. Lo sguardo si diletta sulla piantagione incastonata fra dossi e speroni di roccia. Terra buona che da di tutto ma che esige tenacia e pazienza. E tutto questo non manca a Leonilda che è sempre in attività, che alle volte è sfiorata dall´amarezza ma che non ha perso il briglio degli occhi.


Mi piace questa gente che è attaccata alla sua terra, dove gli antenati sono vissuti schiavizzati dai padroni che esigevano il pagamento dell´affitto anche se non raccoglievano nulla e con la condizione che a fine raccolto fosse lasciata la paglia per il bestiame della fazenda. Forse questa volta sarà l´ultima, di una storia dura. Pochi credevano che ci potesse essere un finale felice: la gente di qui ha sempre dovuto ingoiare in silenzio offese, disprezzo e sottomissione. Come la terra di Bonfim (il primo e per ora unico quilombo dei 39 che seguiamo che ha ottenuto la terra), anche questa potrà avere nuova vita, coperta di piantagioni, orti e piante da frutto, dove un popolo libero potrà piantare in libertà e raccogliere il frutto del suo sudore, senza nulla dovere ad un padrone.
Buon Natale Leonilda, a te ed a noi perchè crediamo che tutto questo è Natale, e che vale la pena impegnarsi affinchè la vita sia piu’ buona e dolce per tutti!

Gigetto/Luis-Francimar, Joice e Daniel/Alberto

PS Da anni siamo coinvolti (il sottoscritto, Francimar ed Alberto) nelle vicende di questa comunità quilombola.

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