20 NOVEMBRE: LA COSCIENZA DEI NERI

quarta-feira, 21 de novembro de 2012
Lentamente, con un passo sofferente carico di maestosità antica, Seu Domingos, nero fino al midollo, con i suoi 84 anni pieni di storia, avanza lungo la rampa del MAC, il museo di Campina Grande. La sua presenza era quanto di più importante per dare maggior valore alla festa dei quilombos, venuti per commemorare il 20 novembre, come previsto nella programmazione della mostra “Quilombos da Paraiba”. Un piccolo corteo di parenti e amici del quilombo “Os Rufinos” segue il patriarca che apre il cammino, appoggiato al suo bastone e rifiutando il braccio di chi vorrebbe aiutarlo. Un po’ gobbo a causa di una malattia alla schiena che gli ha ridotto anche il movimento delle gambe - sempre ce l’ha con le gambe che non aiutano lo spirito che è ancora forte -, con la testa infilata in un cappello nero dalle tese larghe - compagno inseparabile come il bastone -, alza lo sguardo solo per ammirare la foto gigante che apre l’esposizione. Sì, il ritratto di Seu Domingos sta lì ben in vista sulla parete di ingresso quasi volesse dire: siamo qui, noi quilombolas! Ha fatto di tutto per partecipare alla festa nonostante tutto dicesse che non la cosa difficilmente sarebbe andata in porto. Dopo un viaggio di più di quattro ore in pulmino ha vinto la sua scommessa e adesso sta spandendo a destra e a manca sorrisi e allegria. I quilombolas di Negros das Barreiras sono venuti con una manciata di altri amici grazie all’appoggio dell’Università di Cajazeiras che a messo a disposizione un pulmino.

L’arrivo di Seu Domingos - Seu Domingos mentre indica la fotografia con le nipotine

Grilo, Matias, Pedra d’Agua, Matão, sono già arrivati da un po’ e stanno mostrando chiaramente il significato della loro venuta. Il bianco delle pareti del museo esalta il colore nero dei quilombolas che hanno accolto l’invito a partecipare. Zé Pequeno ha portato con se alcuni amici che adesso stanno animando chi arriva suonando forró pé de serra, mentre donna Lurdes, accovacciata al centro del salone principale, lavora con le sue mani esperte l’argilla che si trasforma in recipienti e padelle, ripetendo e perpetuando una tradizione venuta dalla madre Africa con il suo popolo ridotto in schiavitù. Si forma un grande cerchio e gli studenti venuti a visitare la mostra ascoltano con attenzione e curiosità le testimonianze di quilombolas e di persone che hanno aderito alla causa. Niente qui ha un sapore artificiale, tutto prosegue senza bisogno di programmazione alcuna perchè quello che adesso importa è lasciare che vibri, canti e parli così come sa fare la gente nera. Può anche darsi che nemmeno sappia fino in fondo il significato della festa della coscienza nera, ma questa gente, che prima non aveva voce, non aveva accesso agli spazi pubblici, non era valorizzata e che per la società non esisteva, adesso si sente a suo agio e brilla, come brillano gli occhi di Paquinha quando racconta con emozione dei suoi silenzi del passato, dei suoi timori, delle sue sofferenze. E donna Lurdes che parla alla televisione! Sì, adesso parla, si appropria del microfono e libera la parola che sempre le fu negata dalla società bianca. E Zé Pequeno non ha esitazioni ad affermare che i bianchi hanno massacrato fino all’eccesso la gente nera e che l’hanno privata del diritto di vivere. Usa il microfono quasi fosse un rituale per purificare l’anima, ricordando e raccontando ai giovani presenti la durezza della sua infanzia e adolescenza nel lavoro dei campi. Questa gente quilombola sta cambiando, occupando spazi, usando la parola per affermare che esiste. Sono stati anni di incontri, di visite, di viaggi, di tentativi, di avanzamento per il riaffiorare della coscienza. E’ stato durante questa lunga traiettoria che hanno imparato a camminare, ad assaporare il gusto della libertà e dell’autonomia. Niente arriva gratis, bisogna avere molto amore per questa gente che vuole vivere. Molto resta ancora da fare affinchè la libertà sia completa, ma lo sguardo va lontano e il desiderio di giorni migliori è un buon compagno.

Zé Pequeno con gli amici suonatori   -  Il momento delle testimonianze

Paquinha con le giornaliste - Dona Lurdes e le sue ceramiche in televisione

La direzione del museo insieme ad AACADE e al fotografo Alberto che ha realizzato la mostra, è qui al nostro fianco per appoggiare questi eroi, protagonisti di una nuova storia che finalmente viene riscritta nella Paraíba e nel Brasile. Questa mostra fotografica mette in primo piano la vita nei quilombos, le difficoltà, le sfide e le allegrie, ciò che è cambiato e quello che bisogna cambiare a cominciare da subito. Non siamo qui per guardare e assistire, ma per essere fattivamente al fianco dei quilombos che esigono una prospettiva per il futuro. La festa vibra al ritmo forte della zabumba della Caiana che riporta ai suoni dei tamburi africani. La neonata ciranda del Grilo, il coco de roda e la ciranda della Caiana esaltano i visitatori che entrano nella danza perchè la gente nera non discrimina nessuno. Seu Domingos osserva con sguardo attento e vibra nella sua anima perché forse per la prima volta questo antico ceppo di un popolo resistente è al centro della scena, adesso insieme al vecchio prete, monsignor José Maria Pires, che entra nella ruota della ciranda perché questa è la gente in cui si riconosce e ritrova la sua ancestralità. Molti giovani e adolescenti quilombolas partecipano senza ritrosia perché nessuno impone restrizioni o limiti. Per alcune ore il museo si trasforma in un quilombo colorato e animato, dove la vita parla molto più forte delle chiacchiere accademiche sui quilombos.
Quilombolas mentre visitano la mostra 

Alberto con la docente Mércia e i suoi alunni di antropologia

Dom José Maria Pires balla la ciranda con le quilombolas del Grilo

La ciranda di Caiana dos Crioulos

  La capoeira di Matias


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