Cristo si é fermato a Carolina Due: Buona Pasqua, Teresa! Parte prima

domingo, 16 de abril de 2006
1994: arrivato al bairro di Santa Rita, alla periferia di João Pessoa, dovevi affrontare con molta precauzione le strade a colabrodo di Marcus Moura. L’ultima, ridotta ad uno sterrato da rally andava a sbattere contro una montagna impressionante di rifiuti. Al di là la terra di nessuno. O piuttosto un incasinato terreno agricolo con alcune baracche e catapecchie abusive. “Meglio stare alla larga”, era il consiglio di tutti. Il miracolo, si fa per dire, avvenne in occasione delle elezioni amministrative. La terra di nessuno era in realtà di proprietà del Comune e di alcuni consiglieri comunali (vereadores) che, per garantirsi un ulteriore bottino di voti, ebbero l’idea geniale di regolarizzare il possesso dei vari infinitesimali lotti di terra attraverso una donazione pubblica (loteamento). Fu così che i già residenti e alcune altre centinaia di persone immediatamente arrivate dalle favelas della città ufficializzarono l’esistenza di Carolina Due. Le elezioni andarono bene, la montagna di spazzatura fu traslocata chissà dove e sotto gli occhi di tutti apparve un nuovo bairro. Il problema è che a tutt’oggi, aprile 2006, tutto è rimasto più o meno come allora. Gli abitanti ci sono , le case anche (ammesso che possano essere chiamate con questo nome baracche, catapecchie, ecc…), qualche sgangherata strada pure: peccato che le infrastrutture più essenziali siano di là da venire, a cominciare dall’acquedotto, per continuare con le fognature ecc. L’elettricità c’è, ma non riuscendo quasi nessuno a pagare la bolletta, è stata tagliata dall’ente gestore ma contemporaneamente baipassata con attacchi volanti e ovviamente abusivi alla rete pubblica.E’ qui che presta la sua opera di volontariato Maria Teresa Chimento, origini vicentine, in Brasile dal 1994 e arrivata in quel di Carolina Due nel ’95. Dopo aver seguito i vari programma della Pastoral da criança, è riuscita a organizzare un gruppo di donne che da otto anni hanno fondato l’associazione “Donne al centro della vita”. “Nell’associazione, dice con orgoglio Teresa, io non occupo alcuna carica: tutto è gestito dalle donne che ne fanno parte. E’ questo il frutto di un lungo processo di crescita umana, personale e religiosa, alla quale ho dedicato il lavoro di tanti anni. Ora non mi resta che appoggiare il loro cammino dall’esterno, dare una mano alla formazione e, ovviamente, dedicarmi ad altri progetti. Dio solo sa quanto lavoro rimane da fare”.

E’ il giorno di Pasqua e, su invito di Teresa, sono in visita alla comunità. La struttura comunitaria non è granché, ma c’è perfino un minuscolo campo da calcio e un paio di salette laboratorio: L’accoglienza è quella che in gergo si dice sana e genuina. Una umanità povera e sofferente ma che ha riscoperto il senso della propria dignità anche nell’ambiente degradato in cui si trova condannata a vivere. E la speranza! Quella sì: è la loro virtù e la loro stella polare. Il sorriso sulle labbra dei bambini, accompagnato fin troppo spesso da un’ombra profonda di tristezza è quello che mi colpisce profondamente. E poi la rassegnazione, ma anche la pazienza, dei vecchi che con la loro misera pensione mantengono il resto della famiglia. Dai, Teresa, non mollare. Dopo Dio, perduto comunque nelle nebbie della lontananza, e subito dopo la Madonna, oggetto della più profonda e concreta venerazione, per questa gente ci sei tu. Buona Pasqua, Teresa.

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